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Riforma fiscale e investimenti per ottenere i fondi Ue del Recovery Fund

Le tranche annuali saranno subordinate al pieno conseguimento degli obiettivi fissati

Riforma fiscale e investimenti per ottenere i fondi Ue del Recovery Fund

Riforme e investimenti per accedere ai fondi europei del Recovery Fund. In attesa che il Consiglio europeo del 17 e 18 luglio individui una soluzione

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Riforme e investimenti per accedere ai fondi europei del Recovery Fund. In attesa che il Consiglio europeo del 17 e 18 luglio individui una soluzione di compromesso sui 750 miliardi proposti dalla Commissione Ue (500 miliardi sotto forma di sovvenzioni, 250 miliardi come prestiti) lo schema è sostanzialmente definito. Se pur con una accezione non assimilabile alle condizioni poste dai precedenti prestiti, si tratterà comunque di un work in progress, vigilato da Bruxelles e dai governi europei: le tranche annuali di quello che comunque sarà un finanziamento una tantum saranno subordinate al pieno conseguimento degli obiettivi delineati nel Programma nazionale di riforma e nel Piano di ripresa che il Governo presenterà a fine settembre insieme alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. In sostanza vi saranno delle “condizionalità” se pur circoscritte al rispetto degli impegni assunti.

Il piano di rilancio

Nel Programma nazionale di riforma appena approvato dal Governo, si afferma testualmente che il Piano di rilancio e, al suo interno, il Recovery Plan, si baseranno «su una forte aumento degli investimenti, su un significativo incremento della spesa per ricerca, istruzione, innovazione e digitalizzazione e su riforme mirate ad incrementare la crescita potenziale, la competitività, l’equità e la sostenibilità sociale ed ambientale». Tutti impegni che ora attendono di essere tradotti in pratica con l’obiettivo, condiviso dallo stesso Governo, di affrontare i nodi strutturali «che da tempo inibiscono un pieno e armonioso sviluppo economico e sociale del Paese, accelerandone il processo di modernizzazione e riducendo le diseguaglianze sociali e territoriali acuitesi negli ultimi anni».

Il cantiere del fisco

A quali riforme ci si riferisce in particolare? Accanto alle semplificazioni, che sono affidate al decreto approvato “salvo intese” lo scorso 7 luglio, giudicate prioritarie dalla stessa Commissione europea che non a caso l’ha inserite nelle raccomandazioni inviate al nostro paese, compare il complessivo ridisegno del fisco. È un passaggio fondamentale. Il cantiere era stato avviato all’inizio dell’anno attraverso una concertazione preventiva con le parti sociali, e poi è stato sospeso per effetto della pandemia. Le linee portanti della riforma che dovrebbe entrare in vigore a partire dal prossimo anno prevedono di rivedere la struttura della tassazione per disegnare un fisco «equo, improntato al principio di progressività, semplice e trasparente per i cittadini, che favorisca i ceti medi e le famiglie con figli».

Intervento a tutto campo

Non un’azione limitata a singole categorie di imposte, dunque (l’idea di agire subito con interventi selettivi sull’Iva sembra tramontata), ma un intervento a tutto campo in linea con le indicazioni giunte da ultimo dalla Banca d’Italia, che preveda di agire sia sul fronte delle aliquote Irpef (e relativi scaglioni di reddito) che su quello delle detrazioni. Al tempo stesso, si prospetta anche un riordino dell’attuale sostanzioso elenco di “tax expenditures”, agevolazioni fiscali presenti a vario titolo nell’ordinamento su sui finora ben poco si è fatto, nonostante l’intenzione di intervenire sia stata annunciata da diversi governi negli ultimi anni. Si ipotizza nel contempo di intervenire in modo più incisivo sul fronte del contrasto all’evasione fiscale, con l’obiettivo di «migliorare l’equità del sistema impositivo e ridurre l’elevato onere a cui sono sottoposte le famiglie e le imprese che adempiono agli obblighi fiscali».

Migliorare la qualità dei controlli

Si punta a migliorare la qualità dei controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria, anche attraverso «un più efficace ricorso agli strumenti di cooperazione internazionale». Sarà ottimizzato in particolare l’utilizzo dei dati che derivano dallo scambio automatico di informazioni, incluso il Country-by-Country reporting, «lo sviluppo di avanzate tecniche di analisi e valutazione del rischio di non compliance e il monitoraggio dei comportamenti di soggetti a elevato ‘rischio fiscale’. Da anni Bruxelles invita poi il Governo a trasferire l’onere fiscale dal lavoro ad altre voci. L’elevato cuneo fiscale, pari in media al 48% del costo del lavoro, rappresenta per ammissione dello stesso Governo un carico strutturale “che richiede interventi diretti a favorire sia maggiori margini di competitività alle imprese, sia ad offrire una retribuzione proporzionata e dignitosa al lavoratore».

La partita degli investimenti

Il Governo si impegna a «rafforzare e al contempo semplificare» i processi di gestione e di monitoraggio dell’attuazione finanziaria, fisica e procedurale degli investimenti pubblici. É il passaggio decisivo, poiché negli ultimi anni più che un problema di risorse (che anche attraverso i fondi strutturali non sono mancate) da noi si evidenzia una carenza cronica di realizzazione degli investimenti programmati. L’intreccio di competenze tra Stato centrale e autonomie locali, i processi burocratici e le lentezze nell’assegnazione degli appalti (con l’eccezione del cosiddetto “modello Genova”) hanno reso alquanto complessa la realizzazione delle opere infrastrutturali materiali e immateriali che pure sono state messe in cantiere.

Lo sblocco di 130 opere

Ora il decreto sulle semplificazioni promette di sbloccarne almeno 130, e vi è da augurarsi che alle buone intenzioni seguano i fatti. Nel Pnr si fa esplicito riferimento all’innesco di un vero e proprio ‘ciclo virtuoso’ di funzionamento sinergico «di tutti gli ingranaggi in questa ‘macchina’ complessa», che potrebbe comportare molteplici vantaggi: «riduzione di tempistiche di programmazione e realizzazione, risparmio energetico, minor inquinamento ambientale, riduzione di danni ambientali su assetti naturali ed antropici, ottimizzazione delle risorse naturali disponibili, corrette sinergie prestazionali degli interventi». Anche in questo caso, l’auspicio è che riesca effettivamente a realizzare questa sorta di mini-rivoluzione nella gestione e realizzazione degli investimenti, che risulta prioritaria non solo perché rappresenta una delle chiavi di accesso ai prossimi fondi europei. É una sfida che riguarda il futuro del Paese e dunque va condotta con la massima coesione e uniformità di linee di azione.

Fonte : www.ilsole24ore.com

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