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Perché l’Europa si divide sugli aiuti? Italia e Germania, «gruppo dei 9» e Nord, Bce e Draghi: le posizioni

Perché l’Europa si divide sugli aiuti? Italia e Germania, «gruppo dei 9» e Nord, Bce e Draghi: le posizioni

a pandemia del Covid-19 non è soltanto un’emergenza sanitaria ed economica, ma anche uno stress test per l’Unione europea, che rischia di morire se

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a pandemia del Covid-19 non è soltanto un’emergenza sanitaria ed economica, ma anche uno stress test per l’Unione europea, che rischia di morire se non trova risposte adeguate per sostenere le famiglie e le imprese, soprattutto nei Paesi più colpiti dalla crisi. Il braccio di ferro è tutto politico, perché ancora una volta è una questione di costi e di distribuzione degli oneri. In altre parole: quanto costerà la crisi e chi ne pagherà il conto. Il fallimento del Consiglio straordinario tra i capi di Stato e di governo europei, riuniti giovedì sera in video conferenza, con un rinvio di due settimane per arrivare a un proposta comune, e l’ultimatum lanciato dal premier Giuseppe Conte che chiede soluzioni entro 10 giorni, dà la misura di quanto sia grande la distanza tra i 9 Paesi del Sud, guidati da Italia e Spagna, con l’appoggio della Francia, e i Paesi del Nord, spinti da Olanda e Austria, con il sostegno della Germania. Dalla partita sugli Eurobond all’utilizzo del Mes, il meccanismo salva Stati, dall’intervento senza più limiti della Bce al ritorno di Mario Draghi, ecco i protagonisti e le posizioni in campo di questa crisi eccezionale, perché porta con sé tre choc contemporaneamente: sanitario, da offerta e da domanda.

L’Italia, la Spagna e il «gruppo dei Nove»

Un gruppo di 9 Paesi Ue chiede all’Unione di fare un salto culturale con la condivisione del debito e quindi dei rischi, attraverso il lancio titoli obbligazionari europei, i cosiddetti Eurobond o coronabond, per permettere di finanziare misure straordinarie per il sostegno di imprese e famiglie davanti a una crisi senza precedenti. Si tratta per lo più dei Paesi mediterranei, ma non solo, che hanno i conti pubblici più fragili, e sono finora tra i più colpiti dal Covid-19. Eccoli: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo e Slovacchia.

La Germania e i Falchi del Nord

Gli esponenti più agguerriti dell’altro schieramento sono Olanda, Austria, Finlandia e naturalmente la Germania. Berlino e i suoi satelliti si oppongono a ogni ulteriore «strappo» da parte dell’Unione, dopo la sospensione del Patto di Stabilità e di Crescita, chiesto dalla Commissione Ue e accolto dall’Ecofin, per mettere da parte temporaneamente (per tutta la durata della crisi) il tetto del 3% al deficit pubblico e quello del 60% al debito pubblico, e la sospensione delle regole sulla concorrenza riguardo agli aiuti di Stato. Gli Stati Ue, grazie alla caduta di questi due tabù, potranno così indebitarsi senza incorrere in procedure di infrazione, ma anche andare in soccorso delle aziende strategiche indebolite dal blocco imposto dal coronavirus e rese più fragili dalal caduta die mercati finanziari.

Gli eurobond

Attualmente ogni Paese si finanzia sul mercato emettendo titoli di Stato con varie scadenze. In base al profilo di rischio, cioè l’affidabilità e la capacità di rimborsare il debito, ogni Paese paga un tasso di interesse agli investitori che sottoscrivono i suoi titoli pubblici. Il riferimento (benchmark) è costituito dal Bund tedesco decennale e lo spread misura appunto la differenza tra i titoli decennali dei singoli Paesi rispetto al Bund. Gli eurobond — mai usati finora — sarebbero invece titoli comunitari, che verrebbero perciò emessi da un’entità europea, ad esempio la Bei, la Banca europea degli investimenti, o da un altro soggetto Ue. L’affidabilità sarebbe perciò riferita all’’intera unione e non ai singoli Paesi. E’ chiaro dunque che ne beneficerebbero soprattutto i Paesi più deboli e giù con un alto debito pubblico, come ad esempio l’Italia e la Grecia. Mentre sono meno importanti per un Paese come la Germania, che riceve denaro dagli investitori quando colloca i sui bond, visto che i suoi titoli pagano un rendimento negativo. Attualmente sono negativi anche i rendimenti dei titoli decennali di Olanda, Austria, Finlandia, per restare tra gli alleati tedeschi. Solo i titoli di Italia e Grecia, in questo momento, hanno un rendimento superiore all’1%. Quando si tratta di finanziare provvedimenti per centinaia di miliardi, come in queste circostanze, il costo del debito fa una grande differenza.

Il Mes

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha respinto gli eurobond chiesti dal premier Giuseppe Conte. E ha detto no anche alla versione meno impegnativa escogitata dal presidente francese Emmanuel Macron, che ha proposto gli «European Recovery Bond», cioè bond comunitari ma una tantum, da usare soltanto per l’emergenza del Covid-19, per finanziare la tenuta e la ripresa dell’economia. I tedeschi preferiscono usare il Mes, il Meccanismo europeo di Stabilità, noto anche come Fondo salva Stati, ha detto chiaramente Merkel durante il Consiglio europeo di martedì. Facile capire perché. L’accesso all’assistenza finanziaria del Mes viene offerta sulla base di una rigorosa condizionalità politica nell’ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico e di un’analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata dalla Commissione insieme al Fondo monetario internazionale (Fmi) e di concerto con la Banca centrale europea (Bce), la famosa Troika. Quindi in cambio di prestiti, al Paese che li riceve, si chiedono riforme e austerità.

Il premier olandese Mark Rutte, sostenuto dal cancelliere austriaco Sabastian Kurz e da Merkel, insiste sulla necessità di vincolare le linee di credito a impegni precisi. Ma il gruppo dei Nove respinge ogni vincolo, rifiutando anche qualsiasi forma di condizionalità, anche alleggerita.

Il salvagente della Bce

In attesa della politica fiscale, è arrivato il bazooka della politica monetaria. La Banca centrale europea, guidata dalla francese Christine Lagarde, oltre ad offrire liquidità a condizioni estremamente vantaggiose per le banche per spingere a fare credito a imprese e famiglie, ha rafforzato il programma di acquisti di titoli pubblici e privati sul mercato lasciato in eredità dal predecessore Mario Draghi. Dopo aver aumentato il programma di acquisti di 120 miliardi, la Bce ha mobilitato altri 750 miliardi. E, mercoledì 26 marzo, ha compiuto un passo inedito, facendo cadere il limite del 33% agli acquisti delle emissioni di ogni Paese, per rendere più efficace la sua azione. Come dire: l’istituto di Francoforte ora può comprare i titoli che vuole in modo illimitato (sempre con l’obbligo che l’investimento sia spalmato su tutti i Paesi proporzionalmente). Però, come amano ripetono i banchieri centrali, la politica monetaria può solo comprare tempo alla politica di bilancio. E in questo caso la stessa Lagarde avrebbe suggerito l’opportunità degli eurobond.

L’intervento di Mario Draghi

Alla partita che si gioca in Europa è intervenuto anche Mario Draghi, con un articolo pubblicato sul Financial Times, il giornale letto dell’elite, la sera di mercoledì 26 marzo, quindi alla vigilia del Consiglio straordinario dei capi di Sato e di governo.

Tre sono i messaggi fondamentali che l’ex governatore lancia ai politici europei, perché intervengano «con la necessaria forza e rapidità per impedire che la recessione si trasformi in una depressione duratura»: 1) davanti a circostanze imprevedibili, per affrontare questa crisi occorre un cambio di mentalità, come accade in tempo di guerra; 2) il costo dell’esitazione potrebbe essere fatale; 3) c’è bisogno dell’intervento del governo, dalla mobilitazione delle banche e, in quanto europei, dal sostegno reciproco per quella che è innegabilmente una causa comune. E pazienza se questo sarà fatto aumentando il debito. «I livelli di debito pubblico dovranno essere incrementati, anticipa Draghi. «Ma l’alternativa – la distruzione permanente della capacità produttiva, e pertanto della base fiscale – sarebbe molto più dannosa per l’economia e, in ultima analisi, per la fiducia nel governo».

Fonte: https://www.corriere.it/economia/finanza/20_marzo_27/scontro-conte-merkel-ecco-perche-covid-19-stress-test-la-ue-f5651304-7013-11ea-82c1-be2d421e9f6b.shtml

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