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La distopia digitale giapponese

La distopia digitale giapponese

Il Giappone, o per lo meno Tokyo, è spesso immaginato come un paese futuristico. È così che appare in Blade Runner, il cui set è stato modellato sul q

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Il Giappone, o per lo meno Tokyo, è spesso immaginato come un paese futuristico. È così che appare in Blade Runner, il cui set è stato modellato sul quartiere Kabukichō del quartiere Shinjuku di Tokyo. Ma in verità, il Giappone è per molti versi piuttosto indietro quando si tratta di progresso tecnologico. Ha ancora un’economia in gran parte basata sul cartaceo, con gli hanko (francobolli personali) dell’era Meiji richiesti ancora adesso per i contratti piu’ legalmente vincolanti. L’amministrazione del governo è a bassa tecnologia, sovradimensionata e ingombrante. Ora, invece, con la scusa di andare verso una spinta per una maggiore efficienza, il governo sta promuovendo l’autoritarismo digitale.

Le necessità emerse durante la pandemia hanno messo in evidenza le inefficienze amministrative del Giappone e la relativa arretratezza tecnologica. Regioni diverse non sono riuscite a coordinarsi correttamente tra di loro,  a causa di software incompatibili. Le informazioni sono state raccolte in modo casuale e la consegna dei pagamenti finanziari per le imprese è stata oltre modo lenta. Qualunque siano le ragioni del bilancio delle vittime relativamente basso del Giappone, una risposta nazionale coordinata e high-tech al Covid sicuramente non è stata una di queste. Per affrontare questa “sconfitta digitale” come è divenuta nota, l’allora primo ministro Yoshihide Suga ha inaugurato un nuovo dipartimento governativo destinato a catapultare letteralmente il Giappone nel futuro. L’Agenzia digitale è nata il 1° settembre e ha il compito di trasformare il Giappone in una società completamente digitalizzata, in cui “ognuno può scegliere servizi che soddisfano le proprie esigenze, realizzando quindi anche un appagamento diversificato”.

Il primo punto all’ordine del giorno è la rivisitazione e l’espansione del programma My Number, lanciato con grande clamore e a costi molto alti nel 2015. Le carte d’identità contenenti il ​​numero di cittadinanza a 12 cifre del titolare della carta erano originariamente destinate a semplificare i servizi governativi e a dare una stretta sull’evasione fiscale. Questo è un problema notevole in Giappone, che ha un numero enorme di scuole di quartiere dove i pagamenti vengono effettuati al sensei (insegnante) in banconote fresche di stampa nascoste in buste decorative. La perdita di gettito fiscale è enorme.

Si capisce che le autorità giapponesi prendono sul serio un progetto, cercando di addolcire un boccone amaro, quando coinvolgono nella sua presentazione uno yuri-chara, ovvero una mascotte che rende il tutto più dolce e coccoloso. La carta di My Number ha utilizzato un coniglietto, che aveva tra l’altro un aspetto molto rassicurante, e cosa non indifferente, la pubblicità del prodotto  aveva come protagonista Aya Ueto, una attrice e top model giapponese.  Tuttavia il popolo giapponese non si è fatto prendere in giro nemmeno con questi trucchetti, anzi ci sono state molte polemiche a riguardo e la partecipazione della gente è stata numericamente bassa. Insieme ai problemi di privacy, i medici hanno sollevato la preoccupazione che le informazioni mediche delle persone sarebbero state messe insieme ad altri dettagli personali e magari utilizzate per giustificare disparità nei premi assicurativi. Altra cosa che destava preoccupazione tra loro era il fatto che l’attenzione della politica potesse spostarsi verso la vita privata delle persone. Tuttavia, nonostante le pressioni, solo il 28 per cento dei giapponesi aveva richiesto il servizio ad aprile di quest’anno.

Ma dopo il Covid, allo schema è stata data una nuova prospettiva di utilizzo, così come un nuovo sponsor: l’Agenzia Digitale. E questa volta, invece di un personaggio carino e una celebrità popolare, viene fatta penzolare una succosa carota. Chiunque si iscriva al servizio (che presto diventerà un’app) integrandolo con la propria assicurazione sanitaria ed  il proprio fornitore di pagamenti cashless guadagnerà punti che potranno essere accantonati ed utilizzati per acquisti futuri.

Tuttavia, insieme alla carota, c’è anche, minacciosamente, un bastone piuttosto affilato. Chiunque desideri un passaporto vaccinale su smartphone (attualmente richiesto per i viaggi internazionali ma in futuro destinato a essere ampliato) potrà ottenerne uno solo se presenterà il proprio numero di identificazione. In altre parole, la partecipazione al sistema My Number sarà presto un requisito obbligatorio per chi vuole viaggiare all’estero. Ancora più preoccupante, una volta iscritto al programma, potresti essere obbligato a fornire sempre più informazioni personali per rimanerne parte, inclusa la patente di guida e lo stato di residente.

E tutti i cittadini sono un obiettivo papabile: l’Agenzia digitale punta a un’adesione “quasi” al 100% entro la fine del 2022. Ci sono molti motivi per allarmarsi. Tutte le prime prove suggeriscono che l’Agenzia Digitale, che ha l’aspetto di una start-up tecnologica aggressiva, sta già crescendo in ambizione e appetito. Il suo sito web afferma con coraggio che sono in corso lavori per rivedere le leggi sulla privacy che attualmente limitano la possibilità che l’agenzia ha di regolare la vita delle persone. E la decisione dell’agenzia di archiviare le informazioni sul rendimento scolastico e sulle finanze familiari in un nuovo database è una chiara violazione del ruolo dei genitori, oltre ad essere davvero fuori dal mandato originale dell’agenzia.

Il programma politico dell’Agenzia digitale rivela inoltre alcune frasi inquietanti e distopiche,  nonchè obiettivi formulati in modo ambiguo. La “digitalizzazione che non lascia indietro nessuno” potrebbe essere facilmente interpretata come “nessuno vi potrà rinunciare”. E una “vaccinazione efficace e costante” suggerisce una serie continua di interventi medici senza fine. Nel documento si fa anche menzione di una spinta verso un sistema senza contanti. Ma forse il più sinistro di tutti è l’obiettivo dell’agenzia di andare verso “una società digitale in cui le persone non sono consapevoli della tecnologia digitale”. In altre parole, la creazione di una società che non si rende nemmeno conto di quanto sia strettamente controllata.

Fonte: Visionetv.it

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