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Come sta andando l’orto spaziale italiano a un mese dal lancio

GreenCube è una soluzione per garantire il cibo agli astronauti durante le future lunghe missioni spaziali. Prima coltura sperimentale: il crescione

Come sta andando l’orto spaziale italiano a un mese dal lancio

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È passato esattamente un mese dal lancio del primo razzo vettore Vega-C dalla base europea di Kourou, nella Guyana francese. Tra le varie stive presenti in questo colosso, alto quasi 35 metri e che si è staccato da terra il 13 luglio scorso, ce n’è una dedicata alla piattaforma GreenCube. Questa struttura, delle modeste dimensioni e di appena 30 x 10 x 10 centimetri, viene utilizzata per testare le risposte botaniche nella coltivazione di piante e ortaggi in condizioni ambientali apparentemente ostili, oltre che di microgravità. Si tratta del primo esperimento in assoluto di questo genere e fornirà indicazioni fondamentali per la produzione di cibi freschi e nutrienti per gli astronauti.

Un progetto tutto italiano

GreenCube è un mini-orto spaziale in orbita a 6mila chilometri dalla Terra, ideato dall’università La Sapienza di Roma e che ospita al suo interno colture e piante in grado di resistere a condizioni ambientali non ottimali. Dopo pochi giorni dall’inizio dell’esperimento i primi risultati stanno già arrivando, fornendo nuove informazioni utili per lo sviluppo della ricerca.

Gestione da Terra e test di riproducibilità

Una volta che il modulo è stato immesso in orbita, sono stati verificati tutti i sistemi di analisi interni alla camera e sono state impostate condizioni ambientali compatibili con lo sviluppo delle piante. La sperimentazione della cultura idroponica, fuori suolo, viene gestita direttamente da Terra e servirà per verificare la capacità di micro-verdure selezionate di crescere e svilupparsi nonostante le difficili condizioni. Per il primo esperimento è stata una pianta aromatica, il crescione. Sarà molto importante valutare al contempo l’efficienza in termini di consumo di energia, aria, acqua e risorse, per avere una valutazione di fattibilità completa. Anche le radiazioni cosmiche sono una questione su cui occorre indagare e soltanto al termine della sperimentazione (forse già tra pochi giorni, dato che i cicli di vita sono di 15-20 giorni) sarà possibile ottenere informazioni scientificamente solide.

Per ora tutto sembra procedere secondo i piani: il lancio è andato per il meglio e il satellite ha iniziato a orbitare attorno al nostro pianeta. Anche durante il passaggio all’interno delle fasce di Van Allen, le zone con maggiore livello di radiazione che avvolgono la Terra, il sistema e le colture hanno mostrato un’ottima resistenza alle condizioni esterne. Questo primo esperimento sarà poi replicato in maniera identica sulla Terra, così da potere avere un confronto immediato e in tempo reale di eventuali differenze che potrebbero sorgere. Una volta terminato questo primo ciclo sperimentale, ci sarà una serie di repliche sempre a terra per perfezionare i sistemi di monitoraggio e le condizioni ambientali a cui sottoporre le piante quando si passerà all’implementazioni di questi sistemi su più larga scala.

Su GreenCube c’è grande attenzione, nell’ambito della ricerca spaziale, perché la tecnologia potrebbe permettere lo sviluppo di sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita nello spazio. Come noto, gli ortaggi e le verdure sono essenziali per un apporto nutrizionale equilibrato e garantiscono il mantenimento della salute in condizioni complesse come quelle che si possono incontrare nello spazio. Non è solo una questione nutrizionale: tutto questo potrebbe permette di minimizzare i tempi operativi ed abbassare notevolmente i rischi di contaminazione, in quanto il controllo sarebbe passo-passo e del tutto automatizzato.

Da ultimo, ma non per importanza, c’è il tema del benessere psicologico dell’equipaggio: la coltivazione e il consumo di verdure fresche (e in generale di cibi simili alle abitudini alimentarti terrestri) potrebbe contribuire in maniera significativa all’umore degli astronauti. In futuro infatti i cosmonauti saranno sottoposti a missioni sempre più lunghe ed estenuanti, considerati gli ambiziosi obiettivi delle varie agenzie spaziali. Non solo per il ritorno sulla Luna e l’installazione di insediamenti sul nostro satellite naturali, ma anche per viaggiare verso altri pianeti tra cui Marte. Anche se in apparenza parliamo di un piccolo orticello spaziale, non è la taglia dell’esperimento a definirne l’importanza: obiettivi spaziali ultradecennali potrebbero diventare più accessibili se i risultati della sperimentazione di GreenCube fossero soddisfacenti. Le primissime fasi fanno ben sperare.

Fonte: Wired.it

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