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Le rinnovabili non sono nemiche della biodiversità, lo spiega uno studio

Il timore che l'espansione del fotovoltaico possa nuocere ad aree e specie protette è smentito da una ricerca dell'università di Southampton. Gli esperti: "Basta un'attenta valutazioni degli impatti" come già avviene in Europa e Nord America

Le rinnovabili non sono nemiche della biodiversità, lo spiega uno studio

"Abbandonare le fossili per sole e vento come uniche alternative sarà impossibile", "troppo territorio verrebbe sottratto all'agricoltura e alla biodi

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“Abbandonare le fossili per sole e vento come uniche alternative sarà impossibile”, “troppo territorio verrebbe sottratto all’agricoltura e alla biodiversità”. Vi sarà sicuramente capitato di sentire una di queste frasi almeno una volta. Crisi ecologica e crisi climatica sono in effetti due facce della stessa medaglia. Due prodotti dell’antropocene e dell’azione dell’uomo sulla natura e sull’ambiente. Ma sostenere che la soluzione per l’una impedisca di risolvere l’altra appare pessimistico, per non dire falso.

A confermarlo è una nuova analisi dell’Università di Southampton che ha dimostrato come l’espansione dell’energia green in futuro non sia necessariamente in contrasto con la difesa di aree e specie protette, lo stop alla deforestazione e la sicurezza alimentare.

Lo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, sfrutta un database di oltre 24.500 impianti green operanti in 153 Paesi e ne stima eventuali interferenze con aree protette limitrofe, così come il loro “peso” sulla biodiversità locale. Il responso è chiaro: “il conflitto tra la transizione energetica e la conservazione della biodiversità del Pianeta è molto meno severo di quanto pensavamo, a patto che le rinnovabili siano sviluppate con politiche virtuose e stretto controllo normativo”, spiega Sebastian Dunnett, ricercatore al dipartimento di Scienze geografiche e ambientali dell’Università di Southampton e primo autore del lavoro.

Dunnett è tra i più attivi esperti in tema di impatto ambientale delle fonti rinnovabili, con il suo team, si è chiesto quanto costerebbe un pieno raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi in termini di degrado degli ecosistemi e deforestazione. “I risultati sono davvero incoraggianti – prosegue – e ci suggeriscono che è perfettamente possibile, se vigileremo con attenzione, installare molta più capacità da solare ed eolico per affrontare l’emergenza climatica senza minacciare specie e aree in via di estinzione“.

In dettaglio, secondo i calcoli degli esperti, a oggi solo il 15% delle turbine eoliche onshore e dei pannelli fotovoltaici è stato installato in aree critiche o protette. Poche le zone del mondo in cui la percentuale aumenta oltre soglie critiche: su tutte il Brasile e alcune zone del Medio Oriente, dove la “fame” di energia della politica sembra prevalere sulla tutela dell’ambiente.

Ma c’è di più: l’espansione di impianti green non rappresenterebbe una minaccia nemmeno in quei territori “con elevata densità di popolazione o forte presenza di specie protette”, a patto che – si legge nella pubblicazione – “si esegua un’attenta pianificazione dei progetti con opportune valutazioni degli impatti”. Dinamica che sta avvenendo in special modo in Europa Nordamerica. Dalla produzione di pannelli fotovoltaici, all’esercizio dei grandi impianti idroelettrici fino al decommissioning delle turbine eoliche: le fonti rinnovabili hanno senza dubbio un impatto sulla biodiversità lungo tutto il loro ciclo vita. Ma i benefici di un loro sviluppo sempre più esteso sono esponenzialmente più elevati dei costi.

Fonte: Repubblica.it

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