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L’ agricoltura del 20100 nel rapporto IPCC sul clima

Le aree coltivabili e su cui è possibile il pascolo si ridurranno del 30% entro fine secolo se non riduciamo drasticamente le emissioni oggi. La seconda parte del 6° Assessment report (AR6) del Panel intergovernativo sul cambiamento climatico dedica un capitolo alle conseguenze del climate change sull’agricoltura e l’allevamento

L’ agricoltura del 20100 nel rapporto IPCC sul clima

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Se continuiamo a viaggiare sulla traiettoria attuale di emissioni di gas serra, per la fine del secolo le aree coltivabili e su cui è possibile il pascolo si ridurranno del 30%. Limitando il riscaldamento globale a 1,5 gradi, invece, la perdita si ridurrebbe all’8%. Ci saranno poi degli shock puntuali, con più frequenza di oggi. Risultato di più eventi climatici estremi in contemporanea, i cui impatti sommati faranno fallire i raccolti in alcune delle regioni con la produttività agricola più alta. È la fotografia dell’impatto del climate change sull’agricoltura scattata dall’ultimo rapporto IPCC sul clima pubblicato il 28 febbraio.

La situazione dell’agricoltura oggi

Il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta già avendo un impatto considerevole sulla resa agricola e sulla capacità degli ecosistemi di supportare la crescita di specie vegetali e animali. Il riscaldamento globale antropico ha fatto scendere la produttività agricola alle medie e basse latitudini, mentre ozono a bassa quota ed emissioni di metano danneggiano la resa ovunque.

L’impatto, spiega il rapporto IPCC sul clima, è sistemico. Ha già “alterato la distribuzione, l’idoneità dell’area di crescita e la tempistica di eventi biologici chiave, come la fioritura e l’emergenza degli insetti, con un impatto sulla qualità del cibo e sulla stabilità del raccolto”. Il clima cambia e le specie si adattano ciascuna con i suoi tempi: la corsa del climate change mette gli ecosistemi fuori sincrono. E le ricadute sono subito evidenti sull’agricoltura, quando a essere colpiti sono gli insetti impollinatori.

Le previsioni del rapporto IPCC sul clima

Meno disponibilità di cibo significa più problemi di salute. Il climate change farà aumentare da 8 a 80 milioni il numero di persone a rischio carestia, concentrate nell’Africa subsahariana, in Asia meridionale e in America centrale. Nello scenario peggiore, entro il 2050 tutti perderemo il 10% degli anni di piena salute a causa di cibo reso meno nutriente dall’aumento globale delle temperature. Rispetto a oggi, verso il 2100 i capi di bestiame saranno esposti a 72-136 giornate con picchi estremi di calore e umidità, che diminuiranno la resa di latte e di carne. La situazione negli oceani sarà altrettanto critica: “La biomassa animale oceanica globale diminuirà dal 5 al 17%” entro fine secolo rispetto ai livelli del 1970, “con un declino medio del 5% per ogni 1°C di riscaldamento”, scrivono gli autori del rapporto IPCC sul clima.

C’è invece un livello medio di probabilità, secondo gli scienziati, che nei prossimi decenni si verifichi un aumento di numero e di distribuzione geografica di parassiti e di malattie zoonotiche.
Fonte: Rinnovabili.it

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