Olimpiadi invernali a rischio. No, non quelle di Pechino che avranno inizio il prossimo 4 febbraio (grazie a tonnellate di neve artificiale). Ma i Giochi del prossimo futuro potrebbero avere difficoltà a “trovare casa”. Uno studio dell’università di Waterloo, pubblicato su Current Issues in Tourism, mostra come, se non ci saranno inversioni di tendenza nelle emissioni di gas serra, entro la fine del secolo solo una delle 21 località che in passato hanno ospitato la manifestazione avrà ancora i requisiti adatti. Per colpa del cambiamento climatico sarà, dunque, sempre più difficile individuare città ospiti con condizioni di neve e temperature tali da garantire non solo lo spettacolo ma anche (soprattutto) la sicurezza degli atleti.

Parola di atleti e allenatori

Il team di Daniel Scott (che, come vi avevamo raccontato già qui, sono anni che si occupa del tema) è partito consultandosi con l’élite di atleti e allenatori per capire quali fossero a loro avviso gli indicatori climatici che non garantiscono che le gare si svolgano in condizioni sicure e eque. Dalle risposte dei 399 partecipanti, i ricercatori hanno concluso che a mettere a rischio i giochi sono temperature troppo basse o troppo alte, la pioggia, la neve bagnata e la scarsa copertura nevosa

Analizzando le condizioni climatiche delle località delle passate edizioni nel tempo, gli scienziati hanno visto che la frequenza con cui si erano presentate condizioni inadatte alla competizione è aumentata negli ultimi 50 anni e che, per i livelli attuali di emissioni di gas serra, la tendenza continuerà. Secondo questo modello entro la fine del secolo solo una delle 21 località del passato avrà ancora i requisiti minimi per garantire il buon svolgimento delle Olimpiadi invernali: Sapporo, in Giappone. Per l’Europa, invece, le previsioni non sono rosee: anche se si riuscisse a rispettare l’accordo sul clima di Parigi a metà del secolo solo Albertville in Francia (oltre 2mila metri sul livello del mare, dove si svolse l’edizione del 1992) rimarrebbe abbastanza affidabile.

“Nessuno sport può sfuggire agli impatti del clima che cambia”, ha commentato Scott. “Il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi è fondamentale per salvare gli sport sulla neve così come li conosciamo e garantire che ci siano luoghi in tutto il mondo dove ospitare le Olimpiadi invernali”.

Effetti già evidenti

Che già oggi ci siano delle difficoltà a garantire le competizioni di sport invernali è sotto gli occhi di tutti. Basta tornare allo svolgimento della Coppa del Mondo di sci alpino che si è tenuta a gennaio a Zagabria. Per colpa delle temperature troppo elevate e della mancanza di neve lo slalom maschile è stato cancellato dopo la prestazione di soli 19 concorrenti (tra cui il bronzo olimpico Victor Muffat-Jeandet che però, viste le condizioni della pista, si è infortunato). Lo slalom femminile ha visto terminare la gara solo 22 concorrenti su 60, con la pista, che atleta dopo atleta, si deteriorava visibilmente, dando un vantaggio competitivo alle prime a completare il percorso.

Misure estreme

Ormai da anni per garantire lo svolgimento dei Giochi olimpici e delle altre competizioni di sport invernali le città ospitanti mettono in campo misure estreme. Se a Vancouver nel 2010 trasportavano la neve con gli elicotteri sulle piste, per far gareggiare a Sochi nel 2014 si era conservata la neve dell’anno precedente. A Pechino, tra pochissimi giorni, le gare saranno quasi interamente su neve artificiale, ottenuta consumando milioni di litri di acqua.

Fonte: Wired.it