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Software che controllano studenti e dipendenti in smart working. Sopravvivranno alla pandemia?

Multa da 200mila euro alla Bocconi per aver spiato gli allievi durante gli esami. Washington Post: "Il controllo non cesserà, nemmeno dopo la pandemia"

Software che controllano studenti e dipendenti in smart working. Sopravvivranno alla pandemia?

Una multa per aver spiato gli studenti: l’università Bocconi sarà costretta a pagare 200mila euro per aver “catturato” i volti degli allievi duran

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Una multa per aver spiato gli studenti: l’università Bocconi sarà costretta a pagare 200mila euro per aver “catturato” i volti degli allievi durante gli esami, senza il loro consenso. La notizia riaccende il dibattito sul tema del controllo da remoto: durante la pandemia, sono stati soprattutto i datori di lavoro a esercitarlo sui lavoratori da remoto, usando particolari software, spesso a loro insaputa. Ma è un modus operandi destinato ad imporsi? Secondo un’analisi di Market Research Future, il settore della sorveglianza dovrebbe crescere fino a raggiungere un mercato da 3,84 miliardi di dollari entro il 2023. Per il Washington Post, i controlli non cesseranno neanche dopo l’emergenza sanitaria.

Sono due i software “incriminati” usati dalla Bocconi: il primo si chiama “LockDown Browser” e blocca i dispositivi elettronici degli studenti, impedendogli la possibilità di falsare i test accedendo a informazioni esterne. L’altro, “Respondus monitor”, cattura le immagini del viso e dei video degli allievi ai test, “identificando e contrassegnando con un flag i momenti in cui sono rivelati comportamenti insoliti e/o sospetti mediante registrazione video e istantanee scattate a intervalli regolari per tenere traccia dei comportamenti anomali”. Quindi se lo studente guarda in giro o se esce dall’inquadratura, viene immediatamente beccato con il riconoscimento facciale. Il garante ha giudicato troppo invasivo questo sistema di “proctoring” (ovvero di supervisione) e l’informativa sui dati personali “lacunosa e incompleta”.

A sollevare la questione al Garante sarebbe stato Joseph Donat Bolton, studente inglese di 21 anni che si è laureato lo scorso luglio. L’istanza al Garante, invece, è di fine aprile 2020. Cioè il momento in cui l’ateneo ha introdotto i software di monitoraggio e controllo a distanza degli studenti. Il provvedimento del Garante, il numero 317 del 21 settembre, sottolinea che questi sistemi informatici “non devono essere indebitamente invasivi e comportare un monitoraggio dello studente eccedente le effettive necessità”. Ma soprattutto censura l’insufficienza delle informazioni fornite agli iscritti sul sito della Bocconi prima di sostenere gli esami. Non c’è “menzione della fotografia scattata dal sistema all’inizio della prova allo studente, cui viene chiesto di esibire un documento d’identità e di effettuare una ripresa panoramica dell’ambiente circostante”. E ancora: “Il testo non indica gli specifici tempi di conservazione dei dati personali” (cinque anni per il fornitore, uno su richiesta della Bocconi) e che “i dati personali sono oggetto di trasferimento negli Stati Uniti d’America”. In sintesi: “Il trattamento posto in essere dall’ateneo non può ritenersi conforme al principio di liceità, trasparenza e correttezza”. Nella sua memoria difensiva l’università aveva spiegato che l’informativa per gli studenti «conteneva un rinvio “attraverso specifico link ipertestuale”» al testo dell’informativa sul trattamento dei dati. Ma questa precauzione non è stata sufficiente a evitare la sanzione. E vieterà alla Bocconi di utilizzare nuovamente i software sotto accusa.

Benché casi come quello della Bocconi non siano ancora così frequenti in Italia, negli Stati Uniti di applicazioni e software per la sorveglianza si discute da mesi. Secondo un’analisi di Market Research Future, il settore del monitoraggio dovrebbe crescere fino a raggiungere un mercato da 3,84 miliardi di dollari entro il 2023. Le aziende, sentendo il bisogno di garantire che la produttività non diminuisca durante il lavoro da casa, si rivolgono a società come ActivTrak , Hubstaff e InterGuard, che acquisiscono schermate dei computer dei lavoratori e catalogano per quanto tempo i dipendenti utilizzano determinati programmi. Alcuni di questi programmi, come Teramind, consentono ai datori di lavoro addirittura di guardare in tempo reale cosa fanno i lavoratori sui loro schermi, comprese le loro pubblicazioni sui social.

Il dibattito smart working – controllo è infuocato. Un articolo pubblicato dal Wall Street Journal e intitolato “Three Hours of Work a Day? You’re Not Fooling Anyone” (“Tre ore di lavoro al giorno? Non stai prendendo in giro nessuno”) racconta i risultati che hanno ottenuto le aziende con l’utilizzo di uno di questi software di controllo dei dipendenti: ActivTrak. Tra i dati che raccoglie ActivTrak per misurare l’attività lavorativa dei dipendenti ci sono nomi utente, barre del titolo dell’applicazione, URL del sito Web consultato, durata dell’attività, schermate, tempo di inattività e attività USB. Brian Dauer, direttore della Ship Sticks, a West Palm Beach, in Florida, compagnia che trasporta equipaggiamenti sportivi e altri bagagli, ammette al Wall Street Journal di iniziare ogni giornata leggendo il report sui suoi dipendenti: “Se qualcuno sta navigando su ESPN.com per cinque minuti, lo vedremo. Il software tiene traccia di ogni piccola cosa che accade sul computer”, ha affermato. Ma quali risultati ha dato questa pratica del monitoraggio? Risultati ottimi, a quanto pare, perché Ship Sticks ha avuto una crescita costante, oggi conta circa 80 dipendenti, e tutto ciò, secondo il suo direttore, è dovuto al controllo perenne del lavoro degli impiegati. Anche Sagar Gupta, vicepresidente esecutivo di Biorev, una società di visualizzazione 3D con sede a Dallas, è della stessa opinione: nel 2016 si è affidato a ActivTrak e ha scoperto che i suoi dipendenti lavoravano solo tre ore al giorno. Il controllo, in qualche modo, è stata la sua salvezza.

Secondo il Washington Post, che al tema della sorveglianza ha dedicato un articolo, i datori di lavoro non smetteranno di controllare i lavoratori da remoto neanche dopo la fine della pandemia. Negli Stati Uniti, dove la variante Delta sta causando molti contagi e costringendo decine di dipendenti a fare smart working, il dibattito è acceso. Il giornale racconta la storia di Kerrie Krutchik, avvocato di 34 anni: quando è stata assunta, pensava di poter svolgere tranquillamente il suo lavoro da casa. Invece l’azienda le ha fornito un computer e delle istruzioni: per essere pagata avrebbe dovuto avere a che fare con un sistema di riconoscimento facciale ogni minuto della sua giornata lavorativa. Se guardava troppo a lungo in un’altra direzione o si muoveva troppo sulla sedia, avrebbe dovuto ricominciare daccapo e scannerizzare di nuovo il suo volto in tre angolazioni diverse, un processo che ha finito per fare diverse volte al giorno. La fotocamera è ben presto diventata un incubo per lei. Dopo due settimane si è licenziata e ha promesso a se stessa che non avrebbe più accettato questo tipo di sorveglianza. “Ti stai concentrando e la tua mente pensa di essere spiata tutto il tempo: è stressante. Mentre stai analizzando un documento, non sai chi stia analizzando te”, ha raccontato.

In un’altra testimonianza riportata dal giornale, Ashley, dipendente di una start-up bancaria, racconta di essere stata licenziata a seguito del suo rifiuto di scaricare un’app di sorveglianza. L’azienda aveva chiesto infatti ai lavoratori da remoto di scaricare Hubstaff, un programma che traccia la produttività registrando sequenze di tasti e facendo screenshot. Lei non ha accettato. “Avevo troppe informazioni sul mio computer: tutte le mie password, le email del mio medico. Non volevo che altri avessero accesso a questi dati”, ha spiegato. Durante la guerra con le risorse umane, ha avuto modo di assistere ad un cambiamento nel modo di lavorare dei suoi colleghi: erano molto più preoccupati di non essere “beccati” a comporre sequenze di tasti anomale rispetto al fare bene il proprio lavoro. Avevano perso la concentrazione. Non è detto quindi che la produttività, sotto l’occhio vigile del datore di lavoro, si mantenga costante o aumenti. “A loro semplicemente non importava più del lavoro”, ha concluso.

Fonte: Huffington Post.it

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