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Dallo smart working allo smart voting: voto per posta?

Dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà una strategia per stroncare il disinteresse verso le urne, elaborata insieme al professor Franco Bassanini. Seggi da remoto negli uffici postali ed election pass

Dallo smart working allo smart voting: voto per posta?

Contro l’astensionismo, per tornare una volta per tutte al sale della democrazia: il voto. E così, al posto della tessera elettorale, un documento dig

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Contro l’astensionismo, per tornare una volta per tutte al sale della democrazia: il voto. E così, al posto della tessera elettorale, un documento digitale che funzioni come il green pass, e seggi diffusi negli uffici postali per votare anche in anticipo e in un comune diverso da quello di residenza. Sono due delle proposte per contrastare l’astensionismo che ha segnato le tornate elettorali degli ultimi anni, elaborate da una commissione istituita dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà.

L’idea richiama lo smart working, un voto ma da remoto, senza la necessità di recarsi al seggio, di persona. L’election pass digitale, con la tecnologia sperimentata per il green pass, eviterebbe disagi a chi perde la tessera elettorale cartacea. E consentirebbe sia il voto in seggi diversi sia il voto anticipato presidiato, ipotesi applaudita da Pd e M5s.

Di più. Nelle due settimane prima delle elezioni, è la proposta, si allestiscono cabine elettorali negli oltre 12 mila uffici postali (o in quelli comunali), dove si accede mostrando l’app sullo smartphone. I funzionari dell’ufficio scaricano le liste del collegio della circoscrizione di appartenenza e mettono la scheda in una busta con indirizzo prestampato, da sigillare, controfirmare, timbrare e spedire al seggio naturale dell’elettore.

D’altronde i numeri parlano chiaro. L’astensionismo è ormai la malattia delle democrazie mature. E anche l’Italia, che ha storicamente registrato grandi partecipazioni, non fa eccezione: per le elezioni politiche si è passati dall’oltre 90% dei primi tre decenni della Repubblica al 72% delle ultime elezioni del 2018. Ancora più forte il calo dell’affluenza per le elezioni europee: dall’86% delle prime votazioni tenutesi nel 1979 si è arrivati al 56% dell’ultima tornata del 2019.

Senza considerare che ci sono circa circa 4,2 milioni di anziani over 65 che hanno difficoltà di mobilità. E sono ben 4,9 milioni gli elettori che svolgono la propria attività lavorativa o frequentano corsi di studio, scolastici o universitari in luoghi diversi dalla provincia o città metropolitana di residenza, e di questi quasi due milioni impiegano oltre quattro ore tra andata e ritorno per raggiungere il luogo di residenza (in tutto circa il 10,5% dell’elettorato).

Lo stesso D’Incà, che ha presentato un apposito Libro Bianco sull’astensionismo elettorale in Italia insieme a Franco Bassanini, in un’intervista a Repubblica ha spiegato come astenersi dal voto sia “il sintomo principale della malattia per una democrazia. Il Libro bianco stilato dalla commissione di esperti per indagare le cause dell’astensionismo prova però a dare delle soluzioni, perlomeno per i 9 milioni di italiani con problemi di salute o con la residenza lontana dal luogo di studio e lavoro: in primis il voto negli uffici postali”.

In questo senso “ho avuto incontri informali con tutte le parti politiche, indicando le possibili soluzioni: due soli election day l’anno e il voto anticipato presidiato. Ho trovato una grande attenzione a questo tema”. Ora non resta che provare. Concentrando, come sottolineato dalla stessa commissione guidata da D’Incà e Bassanini, i vari appuntamenti elettorali in due tornate all’anno, pre-determinate, una in primavera e una in autunno.

Fonte: Formiche.net

 

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