Con la spinta del Pnrr, nei prossimi cinque anni l’occupazione potrebbe crescere fra 1,3 e 1,7 milioni di unità, a seconda dello scenari
Con la spinta del Pnrr, nei prossimi cinque anni l’occupazione potrebbe crescere fra 1,3 e 1,7 milioni di unità, a seconda dello scenario economico preso a riferimento (se positivo o meno favorevole). Si tratta di un incremento medio annuo, tra il 2022 e il 2026, stimato tra 260mila e 340mila posizioni. A questi ritmi l’Italia potrebbe ritornare ai livelli occupazionali pre-Covid del 2019 già alla fine di quest’anno secondo lo scenario più favorevole oppure nel 2023.
Trainano i servizi
La fetta principale di nuovo lavoro sarà nei servizi, tra 976mila e 1,2 milioni di lavoratori in più previsti nei cinque anni; nell’industria si oscilla tra i 293mila e 438mila occupati (sempre a seconda dell’andamento del Pil). Le filiere più dinamiche, quelle cioè che dovrebbero presentare i tassi di crescita medi annui più elevati, dovrebbero essere le costruzioni e infrastrutture (+1,9/2,3%), che potranno beneficiare delle politiche programmate nel Pnrr, a seguire, l’informatica e telecomunicazioni (+1,8/2,1%), la finanza e consulenza (+1,5/1,9% per la crescita dei servizi avanzati), la formazione e cultura (+1,3/1,5%) per gli interventi finanziati con i fondi Ue per lo sviluppo della digitalizzazione del sistema produttivo italiano e della Pa. Considerando, inoltre, che oltre 2,8 milioni di occupati dovranno essere sostituiti per il naturale turnover tra il 2022 e il 2026, si stima, complessivamente, un fabbisogno compreso tra 4,1 e 4,5 milioni di lavoratori.
Numeri e analisi sono contenute nel focus a medio termine (2022-2026) elaborato nell’ambito del Sistema informativo Excelsior, targato Unioncamere e Anpal, che viene pubblicato oggi, 11 febbraio. La Pa esprimerà un fabbisogno di oltre 770mila lavoratori, mentre i settori privati avranno bisogno di 2,3-2,6 milioni di dipendenti e di 1,1-1,2 milioni di lavoratori autonomi nel prossimo quinquennio.
La luce in fondo al tunnel
«Non siamo ancora del tutto usciti dalla crisi indotta dalla pandemia, ma grazie alla forte ripresa dell’economia sperimentata in questi mesi e alle buone attese che accompagnano l’attuazione del Pnrr, al netto del problema dei costi delle materie prime, vediamo una luce in fondo al tunnel – ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete –. È indispensabile ora accelerare nella formazione delle risorse umane soprattutto riguardo al tema delle competenze digitali e green».
Green jobs sempre più strategici
Entrando nel dettaglio, e partendo dalle competenze green, si stima che nel quinquennio considerato il mercato del lavoro italiano richiederà il possesso di attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale a 2,4-2,7 milioni di occupati, e per il 60% di questi tale competenza sarà necessaria con importanza elevata (1,5-1,6 milioni). Alcuni green jobs – trasversali ai diversi settori – potranno diventare sempre più strategici come, ad esempio, l’informatico ambientale, che sarà chiamato a sviluppare software e applicazioni dedicate, l’avvocato ambientale, il mobility manager, l’energy manager, l’ecodesigner, l’esperto di acquisti verdi e di marketing ambientale.
Cresce la richiesta di competenze digitali
In crescita anche la richiesta di competenze digitali: si stima una domanda da aziende e Pa per 2,1-2,3 milioni di occupati tra il 2022 e il 2026. Oltre agli specialisti e tecnici informatici, come sviluppatori di software e analisti programmatori, saranno necessarie professioni per implementare gli investimenti in trasformazione digitale più innovativi legati a cloud, mobile, big data, cyber security, IoT. Si tratta di figure emergenti – come il cloud computing specialist, big data specialist, l’esperto in IoT, lo specialista nell’IA e il robotics specialist – che saranno assorbite soprattutto dalla filiera informatica e telecomunicazioni.
Ingegneri nella consulenza alle imprese
Nella finanza e consulenza saranno richiesti ingegneri, architetti, specialisti in scienze sociali e gestionali (analista di mercato, esperti di marketing e social media manager). La domanda di ingegneri del quinquennio sarà espressa per oltre il 50% dai servizi avanzati di supporto alle imprese nella filiera della consulenza e per il 20% dalla filiera della meccatronica e robotica, che avrà bisogno anche dei tecnici, di meccanici specializzati e operai addetti all’assemblaggio di prodotti industriali. L’edilizia va invece a caccia di operai specializzati delle costruzioni e nel mantenimento di strutture edili e di addetti alle rifiniture delle costruzioni.
Aumenta lo scarto tra domanda e offerta di lavoro
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro, però, è in preoccupante crescita, specie per laureati Stem, nel campo medico-sanitario e nell’area economica. La stessa istruzione e formazione professionale (IeFp) presenta, oggi, un’offerta formativa che soddisfa solo circa il 60% della domanda potenziale (le situazioni più critiche sono nella meccanica, logistica, edilizia).
Fonte: Sole 24 ore