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Internet of things e Logistica RFID: sono la quarta rivoluzione industriale?

Internet of things e Logistica RFID: sono la quarta rivoluzione industriale?

Le nuove opportunità offerte dall’Internet of Things e dalla Logistica RFID sono state al centro dall’evento “Quando gli oggetti parlano. Le opportuni

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Le nuove opportunità offerte dall’Internet of Things e dalla Logistica RFID sono state al centro dall’evento “Quando gli oggetti parlano. Le opportunità IoT e RFID”, tenutosi nella giornata del 9 novembre 2021, con cui GS1 Italy ha presentato il suo progetto dedicato all’RFID, che proseguirà per tutto il 2022 insieme all’RFID Lab dell’Università di Parma.

Siamo davvero alla quarta rivoluzione industriale?
Sicuramente qualcosa sta cambiando, ed è solo agli inizi.
La rivoluzione quella che, grazie all’innovazione tecnologica, amplifica le capacità cognitive umane, dando la possibilità di analizzare, elaborare e utilizzare miliardi di informazioni.

Alla base di questa quarta rivoluzione industriale c’è un insieme di tecnologie, tra cui spicca l’Internet of Things (anche in ambito domestico) basata sull’RFID (Radio Frequency Identification), che, attraverso l’uso delle radiofrequenze, consente di identificare e tracciare in modo automatico e univoco ogni oggetto su cui l’etichetta è stata applicata.
Entro il 2021 saranno 25 miliardi gli oggetti taggati con RFID e, quindi, connessi all’IoT.

«Chi ha implementato e sta utilizzando la tecnologia RFID riconosce il grande valore che crea, portando informazioni in tempo reale sullo stato degli oggetti, per ottimizzare i processi, ridurre gli sprechi, aumentare le vendite e migliorare i livelli di servizio» ha spiegato Antonio Rizzi, full professor, industrial logistics & supply chain management dell’Università di Parma.
«In un futuro prossimo l’applicazione e l’evoluzione delle tecnologie IoT apriranno orizzonti finora inesplorati, abiliteranno nuovi paradigmi di supply chain (approvvigionamento, produzione, distribuzione, retail, riciclo/recupero) e ci aiuteranno a costruire un mondo sempre più connesso, trasparente e sostenibile, per il beneficio di tutti».

Uno standard condiviso per una piena interoperabilità

Se le prospettive sono rosee e le possibilità enormi, con il nuovo slancio dell’RFID stanno emergendo anche i problemi.
Il primo: senza standard condivisi l’RFID in sé non abilita la piena interoperabilità tra sistemi e la scalabilità dei progetti.
Infatti, l’adozione da parte delle aziende di sistemi proprietari diventa inefficace e insufficiente nel momento in cui il business aumenta e ci si interfaccia con nuovi clienti e mercati di scala sovralocale.

Per evitare questi problemi occorre parlare la stessa lingua globale con tutti i business partner.
«È per questo che GS1 ha sviluppato l’Electronic Product Code (EPC), uno standard che identifica in modo univoco e inequivocabile i singoli prodotti, cattura le informazioni importanti per la movimentazione delle merci lungo la supply chain e le rende disponibili grazie alla radiofrequenza» ha spiegato Linda Vezzani, GS1 visibility and RFID standards specialist di GS1 Italy.

«L’EPC è una sorta di codice fiscale di ogni prodotto, che permette di identificarlo in modo univoco, di catturare le informazioni per la movimentazione lungo tutta la catena di approvvigionamento e di renderle disponibili attraverso le onde radio».
Per le aziende che già utilizzano il linguaggio globale GS1 l’adozione dell’RFID è semplice perché si sfrutta l’identificazione GS1 usata per i propri prodotti e, quindi, le informazioni di prodotto vanno solo tradotte in linguaggio EPC.

Vantaggi e potenzialità dello standard GS1 EPC

Le potenzialità dell’utilizzo della tecnologia RFID con standard GS1 condivisi sono enormi e i risultati, per le aziende capofila di quest’approccio, sono già interessanti, come è emerso dalla presentazione delle case history di Decathlon, che ha adottato lo standard EPC/RFID a livello di item su tutti i prodotti presenti negli store, e del Gruppo Bonterre, che l’ha applicato su ogni unità logistica (pallet).

In entrambi i casi sono stati raggiunti benefici in termini di aumento della visibilità lungo la supply chain, della produttività, dell’affidabilità e del controllo degli stock di magazzino.

Significativo anche il caso del Giappone, dove nel 2017 il Governo ha avviato una sperimentazione insieme a cinque catene di convenience store e a GS1 Japan, con l’obiettivo dichiarato di arrivare a inserire il tag RFID su tutti i prodotti entro il 2025, abbassandone il costo a circa uno yen.

«L’RFID è un mezzo. Bisogna scegliere che informazione veicolare» ha sottolineato Linda Vezzani.
«Per filiere aperte la scelta si orienta su un linguaggio globale interoperabile, lo standard GS1 EPC. Per chi già utilizza il linguaggio globale GS1 non c’è da reinventare la ruota: il punto di partenza è l’identificazione già usata per i codici GTIN, SSCC, GS1 GLN, ecc. che l’azienda già adotta».

«Ora occorre potenziare questo impegno e investire nella formazione del capitale umano necessario per affrontare un mondo in continuo cambiamento» ha concluso Massimo Bolchini, standard development director di GS1 Italy.
«Per questo GS1 Italy presenta un piano per rilanciare il tema RFID e riportarlo all’attenzione della business community, confermando il suo ruolo di attore neutrale, che presidia gli standard globali, supporta le imprese utenti a favore di tutto il largo consumo».

Primo step di questo piano è un sondaggio per mettere a fuoco l’interesse e le esigenze delle imprese utenti del sistema GS1 del largo consumo, dell’apparel e dell’healthcare, e misurare il livello di conoscenza, adozione o dismissione della tecnologia RFID, nonché l’intenzione ad adottarla nel futuro. Partendo dai risultati sarà costruita l’agenda delle attività da sviluppare nel corso del 2022.

Fonte: Logisticamente.it

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