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Come si valuta una borsa già cara?

Le azioni sono state raramente così apprezzate rispetto ai profitti che generano. Questo non significa (necessariamente) che siano dirette verso un crollo. Che cosa insegna l'indice del professor Shiller

Come si valuta una borsa già cara?

Wow, mi sono sempre sbagliato. Più di dieci anni fa, ho scritto nella mia rubrica su come stimare le performance future del mercato azionario. I

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Wow, mi sono sempre sbagliato.

Più di dieci anni fa, ho scritto nella mia rubrica su come stimare le performance future del mercato azionario.

Il 16 gennaio 2010, avevo riferito che “un sondaggio a livello nazionale l’anno scorso ha scoperto che gli investitori si aspettano che il mercato azionario statunitense renda una media annuale del 13,7% nei prossimi 10 anni”. Ridicolo, sogghignai allora: “Cosa ci stiamo fumando, e quando ci fermeremo?” Ho pensato che il 6% sarebbe stato generoso, aggiungendo che “la fede in rendimenti fantasiosamente alti” equivaleva ad “aspettative da favola”.

Nei 10 anni terminati il 31 dicembre 2019, l’S&P 500 ha reso il 13,6%, quasi esattamente quello che gli investitori che ho deriso si aspettavano.

Con le azioni vicino ai massimi storici oggi, cosa dovremmo imparare dal mio errore?

Non avevo previsto come il fracking e il cloud computing avrebbero messo il turbo all’economia o come un decennio di tassi d’interesse al minimo avrebbe fatto capire a molti investitori che non c’erano alternative alle azioni. Né ho anticipato i tagli alle imposte societarie del 2017 che hanno scatenato i riacquisti di azioni, versando denaro nelle tasche degli investitori.

Ho anche commesso un errore più elementare: basarsi troppo meccanicamente sul passato per stimare il futuro.

L’indicatore è conosciuto come il rapporto prezzo/utili rettificato ciclicamente, o CAPE.

Secondo questo parametro, all’inizio del 2010 le azioni erano valutate 20,3 volte i loro profitti a lungo termine rettificati. La valutazione media per le azioni statunitensi nell’intero arco storico dei dati del Prof. Shiller, risalente al 1881, era allora pari a 16,3 volte i loro guadagni corretti.

Questo significa che allora le azioni erano valutate quasi il 25% sopra la loro media storica. Questo mi aveva portato a credere che i loro rendimenti nel decennio successivo fossero destinati ad essere più bassi. Nei 10 anni successivi, i guadagni sono esplosi, ma il prezzo che gli investitori erano disposti a pagare per quei guadagni è esploso ancora di più.

Entrambi i picchi inaugurarono poi devastanti mercati ribassisti, con le azioni che persero più dell’80% tra il 1929 e il 1932, e più del 40% tra la fine del 1999 e la fine del 2002.

Molti analisti e gestori patrimoniali stanno avvertendo che il mercato di oggi lampeggia allarme rosso. Il rispettato investitore Jeremy Grantham ha recentemente scritto che le azioni statunitensi e gli altri beni sono così sopravvalutati da costituire una “superbolla”, creando “la più grande riduzione potenziale della ricchezza percepita nella storia degli Stati Uniti”.

La storia non è un metro, però. Non puoi semplicemente mettere il passato sul presente e dichiarare che ciò rappresenta una base inequivocabile per una decisione drastica, come tagliare la tua esposizione alle azioni americane.

Il passato non è una costante; è in continuo movimento. Gli economisti e gli investitori dicono spesso che le valutazioni delle azioni dovrebbero “regredire alla media”, o allontanarsi dai massimi o dai minimi estremi per tornare alla media di lungo termine. Ma quella media storica viene continuamente modificata da nuovi risultati.

Vent’anni fa, nel gennaio 2002, il rapporto CAPE medio nel database del Prof. Shiller, misurato su tutti gli anni fino al 1881, era 15,8 volte gli utili. A metà del 1982, il CAPE era 14,7 volte i guadagni per tutta la sua storia. Alla fine del mese scorso quella media, risalente al 1881, era salita a 17,3.

Quindi, verso quale valutazione media dovrebbero regredire le azioni? Meno di 15 volte gli utili? Più di 17?

O la media potrebbe continuare a salire se le imposte societarie rimarranno basse, i tassi di interesse moderati e le nuove tecnologie continueranno a trasformare la società?

“Il problema è che non lo sappiamo”, dice il professor Shiller con una risata secca.

Un altro problema: non abbiamo così tanti dati del passato come appare. Le medie decennali del Prof. Shiller iniziano nel 1881, fornendo solo 14 periodi decennali non sovrapposti (dal 1881 al 1890, dal 1891 al 1900, dal 1901 al 1910, e così via).

Quella che sembra una vista storica così lunga, quindi, è un piccolo campione, pieno di rumore di fondo. Sì, in media, le azioni hanno fornito bassi rendimenti futuri per periodi di 10 anni in seguito a una loro alta valutazione CAPE, e prestazioni superiori dopo periodi di bassa valutazione, ma non sempre.

Se aveste comprato azioni all’inizio del 1996, quando il rapporto CAPE era due terzi più alto della sua media storica di allora, nei successivi 10 anni avreste comunque guadagnato un rendimento annualizzato del 4,9%, al netto dell‘inflazione. Contando i dividendi e i riacquisti di azioni, il vostro rendimento annualizzato al netto dell’inflazione sarebbe stato un robusto 6,6%, secondo i dati del Prof. Shiller.

Il CAPE fornisce “un numero limitato di osservazioni, ma questo è il mondo in cui viviamo”, dice il Prof. Shiller. “Ci muoviamo costantemente in una nuova era. Il mondo cambia qualitativamente tutto il tempo, quindi non siamo pronti a fare affidamento esclusivamente sugli indici”.

Anche con il CAPE elevato di oggi, aggiunge il Prof. Shiller, “non ho mai raccomandato alle persone di vendere tutto. Si potrebbe ridurre un po’ la posizione in titoli statunitensi, orientarsi verso i titoli internazionali, o passare a settori più economici” come i titoli del settore finanziario, dell’assistenza sanitaria o dei beni di consumo.

Negli ultimi anni, il Prof. Shiller ha “inclinato verso il basso” la sua esposizione alle azioni statunitensi, ma “non totalmente”, dice. “Ho ancora la speranza che il mercato azionario americano faccia molto bene”.

Smussare un po’ la posizione in azioni quando salgono ha sempre senso. Ma scaricarle tutte le perché sono vicine ai massimi storici ha senso solo in un mondo di perfetta certezza, che non esiste da nessuna parte, se non nelle favole.

Fonte: Milanofinza.itc

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