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Space Economy: cosa serve all’Italia? Riprendere a lanciare!

Space Economy: cosa serve all’Italia? Riprendere a lanciare!

In pochi  in Italia ricordano che esiste  una convenzione intergovernativa  tra Italia e Kenya che consente  operazioni di lancio,  telerilevamento e

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In pochi  in Italia ricordano che esiste  una convenzione intergovernativa  tra Italia e Kenya che consente  operazioni di lancio,  telerilevamento e raccolta dati satellitari. Esiste ovviamente in loco una base spaziale gestista dall’agenzia italiana (Asi), ideata dal professor Luigi Broglio, operativa dal 1966, quando venne inaugurato come Progetto San Marco. La presenza della base italiana in Kenya è stata recentemente regolata da un accordo tra i due stati, firmato a Trento il 24 ottobre 2016 e ratificato in Italia con la legge 149 del 25 novembre 2019, entrata in vigore il 16 dicembre 2020.

Luigi Broglio realizzò questo straordinario progetto grazie non solo al suo valore scientifico e alla sua posizione come preside della Scuola d’Ingegneria Aerospaziale dell’università “La Sapienza” di Roma e generale dell’Aeronautica Militare Italiana, ma anche per il riconoscimento dei suoi meriti da parte degli Stati Uniti. Questi ultimi gli concessero la tecnologia dei vettori “Scout” per effettuare i lanci satellitari dal centro spaziale. Alla sua morte nel 2001, il centro venne rinominato in suo onore. Una figura che andrebbe rimessa al centro del dibattito culturale italiano e raccontata a scuola.

Il segmento terrestre del complesso spaziale s’ estende per circa tre ettari e mezzo in territorio keniota, a circa 32 km da Malindi, a una latitudine di 2,94 gradi sud. Oltre agli edifici destinati ad alloggi e servizi, il centro comprende un porticciolo per i collegamenti con le piattaforme e tre sistemi di antenne per il controllo in orbita e la ricezione di telemetria da satelliti e vettori.

Nel 2019 è stata installata una nuova parabola in banda S, con capacità estese anche nella banda X, del diametro di 13,6 metri, per supportare i nuovi lanciatori Ariane 6 e Falcon Heavy.

Le piattaforme di lancio sono operative dal 1966, sebbene dal 1988 non abbiano più ospitato lanci di satelliti e questo gioca a sfavore del nostro Paese. I lanci venivano effettuati utilizzando vettori Scout, che Broglio ottenne dalla NASA. La piattaforma “San Marco” è la principale struttura per i lanci, la prima piattaforma oceanica ad aver ospitato il lancio di un satellite. Originariamente una piattaforma da sbarco dell’esercito americano, fu donata all’Italia grazie all’intercessione della NASA. La piattaforma venne adattata per i lanci nei cantieri navali di La Spezia e successivamente trasportata in Kenya. Le piattaforme “Santa Rita 1” e “Santa Rita 2”, distanti circa un chilometro e mezzo dalla piattaforma San Marco, sono destinate al controllo. La piattaforma “Santa Rita 1” venne messa a disposizione dall’allora presidente dell’Eni, Enrico Mattei. Inizialmente una piattaforma petrolifera denominata “Scarabeo”, venne adattata per le nuove esigenze nei cantieri navali di Taranto, trasportata per 8.000 chilometri e posizionata al largo delle coste di Malindi.

Rimprendere a lanciare dovrebbe essere l’obiettivo dell’Asi, ne gioverebbe l’industria nazionale. Serve una visione a lungo termine che metta al centro la ricerca finanziata dallo stato tramite investimenti ad hoc. Se governo italiano avviasse un progetto pubblico per sviluppare il centro di ricerca avanzato Luigi Broglio in Kenya con un investimento totale di 500 milioni di euro, avrebbe un guadagno in termini di punti di Pil, vediamo come. L’investimento sarebbe  suddiviso in: infrastrutture (200 milioni di euro) che includono laboratori, centro di controllo missione, alloggi, servizi e porticciolo; formazione e ricerca (100 milioni di euro) con programmi avanzati per ingegneri e scienziati, collaborazioni universitarie e borse di studio; partenariati pubblico-privati (150 milioni di euro) coinvolgendo aziende per il co-sviluppo di tecnologie e la creazione di un incubatore di start-up; manutenzione e sostenibilità (50 milioni di euro) per la manutenzione delle infrastrutture e lo sviluppo di un fondo di sostenibilità per reinvestimenti.

L’intervento a regime andrebbe a creare circa 500 posti di lavoro diretti con stipendi medi di 50.000 euro annui e 1.000 posti di lavoro indiretti con stipendi medi di 25.000 euro annui, per un costo annuale del lavoro di 75 milioni di euro. Si prevede un incremento del PIL locale di circa 200 milioni di euro annui grazie alle nuove attività economiche generate dal progetto e una stimolazione del turismo scientifico e tecnologico con un aumento stimato di 10 milioni di euro annui. Le start-up incubate attraggono investimenti venture capital stimati in 100 milioni di euro nei primi cinque anni, mentre la commercializzazione globale delle tecnologie sviluppate genererà ricavi stimati in 150 milioni di euro nei primi cinque anni.

L’Italia rafforzerebbe la sua posizione nel settore spaziale attirando talenti globali e investimenti stimati in 100 milioni di euro nei prossimi dieci anni.

Il costo totale iniziale se di 500 milioni di euro con un costo annuale del lavoro di 75 milioni di euro. L’incremento del PIL locale sarebbe quindi circa di 200 milioni di euro annui, con un aumento del turismo di 10 milioni di euro annui stimati, investimenti venture capital da 100 milioni di euro nei primi cinque anni con ricavi dalla commercializzazione delle tecnologie di 150 milioni di euro nei primi cinque anni. Investimenti aggiuntivi di 50 milioni di euro annui, reinvestimenti nel centro di 20 milioni di euro annui e investimenti attratti a lungo termine di 100 milioni di euro nei prossimi dieci anni con un profitto da 3,65 miliardi destinato a crescere.

Marco Pugliese

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