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Tazzine da sgranocchiare, sfere che si sciolgono in bocca: è il packaging da mangiare

Nuove strategie per combattere la moltiplicazione degli imballaggi in plastica

Tazzine da sgranocchiare, sfere che si sciolgono in bocca: è il packaging da mangiare

Morbide sfere che si sciolgono in bocca rilasciando acqua o succo di frutta; cannucce aromatizzate che si sgranocchiano bevendo un drink; piatti e pos

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Morbide sfere che si sciolgono in bocca rilasciando acqua o succo di frutta; cannucce aromatizzate che si sgranocchiano bevendo un drink; piatti e posate a base di miglio, riso e grano; tazze da mangiare una volta finito il caffè. Sulla spinta dello scempio legato all’enorme quantità di rifiuti plastici che finiscono dispersi nell’ambiente, il settore del packaging sta esplorando nuove strade.

Secondo i dati pubblicati dalla Corte dei Conti europea, il 40% della plastica prodotta in Europa è utilizzata per gli imballaggi che rappresentano oltre il 60 % dei rifiuti plastici. Il packaging alimentare contribuisce significativamente alla produzione di rifiuti, visto che il 37% degli imballaggi di alimenti è in plastica. Basti pensare alle sempre più diffuse monoporzioni, alle vaschette con i cibi già pronti e all’over-packaging (quando un prodotto ha più di un imballaggio tra pellicole protettive, vaschette e contenitori di plastica). Per arrivare all’assurdo della banana venduta nella vaschetta di plastica poi avvolta nella pellicola di plastica trasparente.

La sostenibilità del packaging sta diventando fondamentale per le aziende alimentari: molte stanno provando a ridurre peso e volume degli imballaggi utilizzati e al contempo guardano all’utilizzo di packaging alternativi alla plastica, sostenibili e biodegradabili. Ad esempio Misura, noto brand dell’alimentare, dal 2020 ha iniziato a eliminare la plastica dai suoi packaging realizzando le confezioni con un materiale innovativo di origine vegetale, 100% compostabile, sviluppato da Novamont. Una scelta che permetterà all’azienda di eliminare entro il 2023 il 79% della plastica per imballaggi.

Si stanno però esplorando anche soluzioni più estreme nelle quali l’imballaggio “sparisce”, consumato insieme al prodotto. Come avviene con il cono per il gelato, contenitore e contenuto al tempo stesso. Gli esempi si cominciano a moltiplicare.

Alcuni anni fa alla maratona di Londra l’acqua agli atleti non fu offerta nelle classiche bottiglie di plastica ma in sfere trasparenti. Le circa 30 mila bolle Ooho utilizzate per la prima volta durante questo evento erano state realizzate dall’azienda inglese Notpla con estratti di alga bruna. Meno costose delle bottigliette, avevano il vantaggio non solo di essere biodegradabili al 100%, ma anche di essere commestibili.

Non solo. Contenitori commestibili sono stati realizzati dall’azienda belga Do Eat utilizzando fecola di patate. Mentre la statunitense Loliware usa l’alga rossa per produrre cannucce colorate e bicchieri: aromatizzati in diversi gusti come basilico-limone, menta – zenzero o barbabietola al rosmarino, si scelgono a seconda delle bevande da consumare.

Particolarmente interessanti sono le pellicole trasparenti. Già nel 2015 un gruppo di ricerca dell’Università di Foggia aveva messo a punto una pellicola commestibile da usare per il packaging di prodotti da forno tipo muffin o pan di spagna. “Si trattava di una sorta di glassa da spruzzare che permetteva di conservare i prodotti senza aggiunta di conservanti e additivi chimici”, ricorda Mara Bellotti, psicologa dei consumi all’istituto di biologia e biotecnologia agraria del Cnr. “Nello stesso ambito si muove la start up italiana Iuv che produce pellicole biodegradabili ed edibili a base di biopolimeri naturali in grado di migliorare la freschezza, la durabilità e il sapore degli alimenti, impedendo, o rallentando, fenomeni ossidativi (deterioramento dovuto all’esposizione all’aria e alla luce).

I pro …

Prima di tutto l’utilizzo di imballaggi commestibili consente di ridurre la quantità di rifiuti plastici prodotti. Il che determina vantaggi ambientali (meno plastica negli oceani) ma anche economici per la minor quantità di rifiuti da gestire. Senza contare che in media le soluzioni “da mangiare” complessivamente costano meno rispetto agli imballaggi in plastica tradizionale.

Ma gli imballaggi edibili hanno anche un altro valore aggiunto. In particolare le pellicole trasparenti – con l’aggiunta di antiossidanti – riescono ad aumentare la shelf life dei prodotti alimentari consentendo di ridurre gli sprechi alimentari. Inoltre le pellicole stesse a diretto contatto con l’alimento possono migliorarlo, trasferire al cibo sostanze aggiuntive come vitamine, fibre, arricchendolo dal punto di vista nutritivo.

e i contro

Un primo ostacolo da superare per arrivare all’impiego diffuso di packaging commestibili riguarda la sicurezza degli alimenti. E’ necessario infatti che i consumatori si sentano certi del pieno rispetto degli standard igienici nei vari passaggi: dalla produzione al trasporto, fino alla distribuzione del prodotto. Questo si traduce nella necessità di utilizzare comunque un imballaggio a protezione del packaging edibile.

Per riuscire a fare a meno di questo secondo contenitore, assicurando al contempo il rispetto delle normative igieniche, alcuni ricercatori stanno provando a realizzare packaging edibili e lavabili. E’ quanto stanno facendo, su richiesta di Lidl, i ricercatori dell’Empa – il laboratorio federale elvetico di ricerca sui materiali – con lo sviluppo di una pellicola commestibile in cellulosa per frutta e verdura realizzata con scarti vegetali (bucce, noccioli, polpa). Dai primi test sembra in grado di prolungare la durata dell’alimento di oltre una settimana, sarà facilmente lavabile e potrà essere consumata assieme al prodotto.

Ma quello della sicurezza legata al rispetto degli standard igienici non è il solo ostacolo da superare. “Il packaging edibile viene percepito dai consumatori come qualcosa di artificiale e di chimico. E questo rende difficile accettarlo come commestibile. Per vincere queste resistenze occorre ‘educare’ il consumatore per abituarlo a consumare quello che tradizionalmente ha imparato a considerare uno scarto o un rifiuto e che invece può diventare parte integrante del pasto”, conclude Mara Bellotti.

In tal senso la consapevolezza sempre più diffusa tra i consumatori di dover agire per contrastare l’inquinamento ambientale prodotto dai rifiuti plastici potrebbe funzionare come un elemento di traino verso gli imballaggi da mangiare. Dimostrando che il packaging può raccontare il prodotto che contiene anche quando non c’è.

Fonte: Huffpost

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