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Così i satelliti ci aiuteranno a monitorare le emissioni di CO2

Un nuovo sistema di monitoraggio europeo supera uno dei problemi evidenziati da Cop26

Così i satelliti ci aiuteranno a monitorare le emissioni di CO2

Uno dei problemi che la Cop26 ha evidenziato è dato dalle difficoltà di conteggio delle emissioni di anidride carbonica. Ora però c’è un salto tecnolo

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Uno dei problemi che la Cop26 ha evidenziato è dato dalle difficoltà di conteggio delle emissioni di anidride carbonica. Ora però c’è un salto tecnologico che ci permetterà di fare un passo avanti. Saranno i satelliti a dirci, o meglio a monitorare, quante emissioni di CO2 sono prodotte dalle attività umane. E quindi a permetterci di sapere dove e come intervenire con politiche e azioni mirate. Osservando le singole fonti di anidride carbonica e metano, come ad esempio le centrali elettriche e i siti di produzione di combustibili fossili. I dati raccolti ed elaborati dai ricercatori del Copernicus atmosphere monitoring service (Cams) saranno infatti in grado di stimare e misurare le emissioni di anidride carbonica e metano provenienti da fonti antropogeniche con una precisione e un livello di dettaglio senza precedenti, e quasi in tempo reale.

“È qualcosa di più di un semplice strumento di osservazione”, spiega ad Huffington Post Richard Engelen, vice direttore di Cams. “Abbiamo infatti bisogno di combinare le osservazioni satellitari con quelle in situ. È molto più complicato di costruire e lanciare un satellite, perché abbiamo bisogno di lavorare su come utilizzare al meglio le osservazioni e le stime sulle emissioni”.

Infatti non basta misurare le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera: il ciclo del carbonio è complesso. Coinvolge non solo le emissioni derivate dalle attività umane, ma anche quelle dei flussi naturali prodotti dagli incendi e include il ciclo della fotosintesi e della traspirazione della vegetazione. “Questo strumento potrà aiutare gli Stati a lavorare sulla mitigazione e sulla riduzione delle emissioni”, sottolinea Engelen.

Il prototipo, attualmente in fase di sviluppo, sarà lanciato entro il 2026 ed entrerà in piena operatività in tempo per il secondo Global Stocktake (GST) delle emissioni di gas serra da parte dei Paesi che partecipano all’Accordo di Parigi e che si concluderà nel 2028. Si tratta di uno strumento chiave che impegna i Paesi firmatari ad aggiornare i loro bilanci ogni cinque anni per valutare i progressi collettivi verso gli obiettivi a lungo termine dell’accordo.

Con i dati satellitari migliorerà la nostra conoscenza del ciclo del carbonio
I modelli informatici così elaborati, simili a quelli già utilizzati nelle previsioni meteorologiche per creare un collegamento tra le osservazioni e gli scambi effettivi tra la superficie terrestre e l’atmosfera, ci permetteranno di conoscere le emissioni antropogeniche separandole dai flussi naturali. “Il modo in cui i Paesi monitorano le emissioni negli ultimi decenni si basano su dati statistici e hanno bisogno di tempo per essere determinati, così le stime nazionali escono dopo anni da quando queste sono state fatte”, spiega Engelen. “Questo strumento invece ci dà la concentrazione in atmosfera in tempo reale, fornendoci informazioni in più che possono essere confrontate, migliorando in dettaglio i dati”.

Infatti, senza un attento monitoraggio delle emissioni nel tempo, non è possibile comprendere l’effetto delle varie misure che i paesi stanno adottando per ridurre le proprie emissioni. “Abbiamo fatto enormi progressi negli ultimi decenni nel monitoraggio delle emissioni e nel trasformare la scienza in servizi”, conclude il vice direttore di Cams. “Ci troviamo in un momento cruciale e a Glasgow abbiamo l’occasione per far sì che le cose accadano. E questo tipo di monitoraggio può far parte della soluzione”.

Fonte: Huffpost

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