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L’Economist stima il Pil Italia a +6%… e i gufi masticano amaro

I dati indicano chiaramente che siamo ben oltre il rimbalzo, anche comparativamente ad altri Paesi

L’Economist stima il Pil Italia a +6%… e i gufi masticano amaro

Come ai tempi del governo Renzi, quando erano in tanti a “gufare” che gli 80 euro non sarebbero serviti a niente, che il Jobs Act e le decontribuzio

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Come ai tempi del governo Renzi, quando erano in tanti a “gufare” che gli 80 euro non sarebbero serviti a niente, che il Jobs Act e le decontribuzioni non avrebbero creato posti di lavoro e che il Piano Industria 4.0 sarebbe stato inefficace, oggi i pessimisti seriali tornano a “gufare” sulla ripresa della nostra economia e perfino sul governo Draghi.

All’epoca del governo Renzi essi gufarono talmente bene che in quel momento tanti italiani si convinsero che le politiche economiche di quegli anni fossero completamente sbagliate o inefficaci. E ne sono convinti ancora oggi. In realtà, la storia e i dati (che allora non erano subito disponibili o furono rivisti anche al rialzo a posteriori) ci hanno poi detto che gli 80 euro rilanciarono vigorosamente i consumi delle famiglie italiane. Infatti, la spesa pro capite del nostro Paese per la prima volta dall’avvio della circolazione monetaria dell’euro aumentò di più della media dell’Eurozona per tre anni consecutivi (più 1,7 per cento medio annuo contro più 1,6 per cento), toccando un incremento record del 2 per cento nel 2015 (il nostro più alto aumento annuo precedente era stato il modesto più 0,9 per cento del 2006).

A loro volta, Jobs Act e decontribuzioni permisero la creazione di 1 milione e 300 mila posti di lavoro tra febbraio 2014 e maggio 2018, di cui oltre il 40 per cento a tempo indeterminato. Mentre il superammortamento e il Piano Industria 4.0, come ho già evidenziato in un mio precedente intervento, hanno trascinato gli investimenti dell’industria manifatturiera italiana nel triennio 2016-18 a una crescita media annua senza precedenti del 6,3 per cento, con punte del 7,1 cento medio annuo nel Nord Est e addirittura del 9,1 cento medio annuo in Veneto. Il che poi spiega anche perché dal 2015 in poi l’Italia abbia superato la Germania per aumento del valore aggiunto e della produttività manifatturiera (dove siamo diventati primi per crescita anche nel G7, cosa mai avvenuta in precedenza).

Ora con il governo Draghi stiamo di nuovo assistendo a incrementi record delle cifre della nostra economia ma c’è già chi prova a ridimensionarli e semina sfiducia anche sulla realizzazione del PNRR. Ma tant’è, rassegniamoci, son tornati i gufi, di varia estrazione e natura: vecchi declinisti ad oltranza, nostalgici del Governo Conte, critici di Draghi, ecc.

Eppure, basta dare una occhiata agli indicatori che la rivista “The Economist” aggiorna costantemente sul suo sito Internet (con l’aiuto di Haver Analytics per i dati puntuali e dell’Economist Intelligence Unit per i dati previsionali) per rendersi conto che l’economia italiana sta vivendo un momento veramente favorevole. Il successo della campagna vaccinale e il progressivo ritorno alla normalità; la fiducia portata dal governo Draghi tra i nostri operatori economici, tra le famiglie e sui mercati internazionali; l’abbrivio competitivo dato al nostro sistema produttivo e all’export dalle stesse riforme degli anni scorsi; il buon momento dell’edilizia; la ripartenza del turismo e dei consumi delle famiglie; l’attesa febbrile per l’avvio del PNRR: tutti questi fattori (già oggi, senza che il PNRR sia ancora iniziato!) concorrono a generare un piccolo boom e un mood positivo che non può essere liquidato, come fanno i vecchi e nuovi gufi, con la semplice parola “rimbalzo”.

Si potrebbe obiettare, tra l’altro, che comunque nell’ultimo ventennio l’Italia non era mai riuscita nemmeno a rimbalzare uscendo dalle precedenti crisi. Stavolta invece la situazione è decisamente diversa e i dati indicano chiaramente che siamo ben oltre il rimbalzo, anche comparativamente ad altri Paesi, come Francia e Spagna, che come noi nel 2020 hanno sperimentato le più forti cadute del PIL a livello europeo e mondiale.

Vediamo perciò alcuni indicatori dell’Economist aggiornati a venerdì 27 agosto pomeriggio, comparando la performance italiana con quella degli altri Paesi del G20.

Tasso di crescita tendenziale del Pil nel secondo trimestre 2021 (rispetto allo stesso trimestre del 2020). L’Italia registra il quarto miglior risultato nel G20 (più 17,3 per cento) dietro a Regno Unito, Messico e Francia (tabella 1). Questo indicatore è forse il meno significativo tra quelli qui presentati perché sconta il confronto con il pessimo andamento dell’economia italiana nel secondo trimestre 2020, notevolmente condizionato dal Covid e dai lockdown. Comunque, il nostro Paese ha mostrato di essere in grado di recuperare prontamente dopo la pandemia. E ciò non era affatto scontato.

Tasso di crescita congiunturale del Pil annualizzato nel secondo trimestre 2020 (rispetto al primo trimestre 2021). L’Italia si posiziona al secondo posto nel G20 (più 11,1 per cento) dietro al Regno Unito (tabella 2). Questo indice è più importante del precedente perché evidenzia la forte reattività dell’economia italiana dopo la crisi, con il PIL trascinato da edilizia, manifattura ed export nella prima parte di quest’anno.

Tasso di crescita tendenziale della produzione industriale a giugno 2021 (rispetto a giugno 2020). L’Italia figura al quinto posto tra i Paesi del G20 dietro a Turchia, Giappone, Canada e Argentina (tabella 3). È un buon risultato, che mostra il ruolo di traino dell’industria in questa fase di ripresa, ma valgono le stesse considerazioni già fatte per l’incremento tendenziale del PIL.

Bilancia commerciale con l’estero negli ultimi 12 mesi terminanti a giugno 2021. L’Italia è salita al quarto nel G20 e al mondo (tabella 4), con un surplus di ben 82,5 miliardi di dollari che ci posiziona dietro solo a Cina, Germania e Russia! Ci piacerebbe proprio sapere quale è il commento dei gufi a proposito di questo dato. Visto che per anni hanno profetizzato che l’Italia delle piccole e medie imprese sarebbe stata travolta dalla competizione globale…

Bilancia dei pagamenti di conto corrente negli ultimi 12 mesi terminanti a giugno 2021. L’Italia con un attivo di 80,2 miliardi di dollari figura al quinto posto nel G20 dietro a Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud (tabella 5). Inoltre, si colloca sempre quinta nel G20 nella graduatoria del surplus delle partite correnti in percentuale del Pil (3,8 per cento) dietro a Germania, Corea del Sud, Russia e Arabia Saudita (tabella 6). Cifre da capogiro per il nostro Paese. Che solo alcuni anni fa aveva un deficit commerciale e un passivo di bilancia corrente mostruosi.

Previsioni di crescita del Pil nel 2021 (rispetto al 2020). Le ultime previsioni dell’Economist Intelligence Unit posizionano l’Italia al quinto posto a pari merito con gli Stati Uniti, con una crescita prevista per quest’anno del 6 per cento, dietro solo a economie emergenti come India, Cina, Argentina e Messico (tabella 7). D’accordo, c’è sicuramente un po’ di effetto di rimbalzo rispetto al drammatico 2020. Ma avreste mai creduto possibile solo pochi mesi fa che l’Italia sarebbe stata accreditata quest’anno di una espansione economica così forte? È l’effetto della partenza a razzo del nostro primo semestre durante il quale abbiamo già accumulato per quest’anno una crescita acquisita record del 4,8 per cento che sta costringendo tutti i previsori a ritoccare verso l’alto le loro stime finali per l’Italia nel 2021. Con la ripartenza del turismo e dei consumi delle famiglie nella seconda parte dell’anno, il 6 per cento appare in effetti come un traguardo assolutamente alla nostra portata. Con buona pace dei gufi che speravano in un flop.

Previsioni di crescita del Pil nel 2022 (rispetto al 2021). Questo è forse l’indicatore più importante di tutti. Perché ci dice che nelle aspettative dell’Economist Intelligence Unit, dopo il 6 per cento di crescita del 2021, il Pil italiano è previsto ancora crescere del 4,4 per cento nel 2022 (tabella 8). Il che ci posiziona al quinto posto l’anno prossimo nella classifica del G20. È un evidente attestato di fiducia verso l’Italia e la capacità del Governo Draghi di attuare efficacemente il PNRR. I fantasmi della crescita zero e dello spread sono ormai un lontano ricordo.

In definitiva, tutti gli indicatori economici mostrano un’Italia in fase di pieno rilancio dopo il Covid-19. Non si deve eccedere con l’entusiasmo, è chiaro. Non si tratta di essere ottimisti a tutti i costi, ma realisti e costruttivi, ricordando anche sempre la delicatezza del nostro debito pubblico.

Ma con la guida di Draghi il nostro Paese ha una possibilità unica per ammodernarsi e fare tutte quelle riforme che per anni il sistema politico non è stato in grado di realizzare. È questo il momento per tifare Italia e fare ognuno la propria parte, facendo leva sulla coesione nazionale. È l’occasione storica per completare l’infrastrutturazione del Paese, per accelerare la transizione ecologica e digitale e per portare definitivamente anche tutta la Pubblica Amministrazione e il nostro Mezzogiorno nel futuro. Che non è certo il futuro disfattista dei gufi ma il futuro di chi ha a cuore l’interesse nazionale.

Fonte: Huffpost

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