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DeepMid ha addestrato un’ intelligenza artificiale per controllare la fusione nucleare

L'azienda di Ia di Google ha insegnato a un algoritmo come controllare il plasma: si tratta di un risultato che potrebbe avere effetti notevoli nella corsa all'energia pulita del futuro

DeepMid ha addestrato un’ intelligenza artificiale per controllare la fusione nucleare

L'interno di un tokamak, la struttura a forma di ciambella progettata per contenere una reazione di fusione nucleare, presenta un peculiare

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L’interno di un tokamak, la struttura a forma di ciambella progettata per contenere una reazione di fusione nucleare, presenta un peculiare tipo caos. Gli atomi di idrogeno vengono uniti a temperature inconcepibili, creando un plasma a mulinello più caldo della superficie solare. Trovare modi intelligenti per controllare e confinare questo plasma sarà la chiave per sfruttare il potenziale della fusione nucleare, di cui da decenni si parla come della fonte di energia pulita del futuro. Attualmente, la scienza alla base della fusione sembra consolidata, ma rimane la sfida ingegneristica: “Dobbiamo riuscire a riscaldare questa materia e tenerla insieme abbastanza a lungo da poterne estrarre energia“, ha spiegato Ambrogio Fasoli, direttore dello Swiss plasma center all’École polytechnique fédérale di Losanna, in Svizzera.

È qui che entra in gioco DeepMind. In passato l’azienda di intelligenza artificiale (Ai) sostenuta da Alphabet, la società che controlla Google, aveva già focalizzato le sue attenzioni sui videogiochi e sul ripiegamento dello proteine , e ora sta lavorando su un progetto di ricerca congiunto con il Swiss plasma center per sviluppare un’intelligenza artificiale per controllare una reazione di fusione nucleare.
Nelle stelle, che sono a loro volta alimentate dalla fusione, la sola massa gravitazionale è sufficiente a unire gli atomi di idrogeno e superare le loro cariche opposte. Sulla Terra, gli scienziati usano invece potenti bobine magnetiche per confinare la reazione di fusione nucleare, spingendola nella posizione desiderata e modellandola come un vasaio che plasma l’argilla su un tornio. Le bobine devono essere controllate con estrema attenzione per evitare che il plasma tocchi i lati della struttura, danneggiando le pareti e rallentando la reazione di fusione (il rischio di un’esplosione è molto limitato in quanto la reazione di fusione non può sopravvivere senza confinamento magnetico).

Ma ogni volta che i ricercatori vogliono cambiare la configurazione del plasma e sperimentare forme diverse in grado di produrre maggiore potenza o un plasma più pulito, è necessaria un’enorme mole di lavoro di ingegneria e progettazione. I sistemi convenzionali sono controllati da computer e basati su modelli e accurate simulazioni, ma, spiega Fasoli, sono “complessi e non sempre ottimizzati“.

Come funziona
DeepMind ha sviluppato un’intelligenza artificiale capace di controllare il plasma in autonomia. Un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature racconta come i ricercatori dei due gruppi abbiano insegnato a un sistema di apprendimento profondo per rinforzo a controllare le diciannove bobine magnetiche all’interno del Tcv, il tokamak a configurazione variabile del Swiss plasma center, che viene utilizzato per condurre ricerche che ispireranno la progettazione di reattori a fusione più grandi in futuro. “L’intelligenza artificiale, e in particolare l’apprendimento per rinforzo, si presta particolarmente bene ai problemi complessi presentati dal controllo del plasma in un tokamak“, ha detto Martin Riedmiller, responsabile del team di controllo di DeepMind.

La rete neurale – un tipo di configurazione di Ai progettata per imitare l’architettura del cervello umano – è stata inizialmente addestrata in una simulazione. Inizialmente, ha osservato come le modifiche alle impostazioni su ciascuna delle diciannove bobine influenzavano la forma del plasma all’interno del tokamak. Successivamente, sono state messe a disposizione dell’intelligenza artificiale diverse forme per cercare di ricreare il plasma. Queste comprendevano una sezione trasversale a forma di “D” simile a quella che sarà utilizzata all’interno di Iter (l’ex International thermonuclear experimental reactor), il colossale tokamak sperimentale in costruzione in Francia, e una configurazione a fiocco di neve che potrebbe contribuire a dissipare l’intenso calore generato dalla reazione in modo più uniforme all’interno della struttura.

Una nuova sfida
La fusione ha rappresentato una sfida particolare per gli scienziati di DeepMind, in quanto si tratta di un processo complesso e continuo. A differenza di un gioco a turni come Go, che, come è noto, l’Ai dell’azienda AlphaGo è riuscita a vincere, lo stato di un plasma cambia costantemente. E per rendere le cose ancora più difficili, non può essere misurato continuamente. È quello che i ricercatori nel campo dell’intelligenza artificiale chiamano un “sistema sotto-osservato“.
A volte gli algoritmi che se le cavano bene con i problemi finiti fanno fatica con quelli continui – ha spiegato Jonas Buchli, un ricercatore di DeepMind. Questo è stato un grande passo avanti per il nostro algoritmo, perché siamo riusciti a dimostrare che si può fare. E riteniamo che si trattasse senza dubbio di un problema molto, molto complesso da risolvere. È un diverso tipo di complessità rispetto ai giochi”.

Non è la prima volta che l’intelligenza artificiale viene utilizzata per cercare di controllare la fusione nucleare. Dal 2014, Google collabora con la società di fusione californiana Tae Technologies per applicare l’apprendimento automatico a un diverso tipo di reattore a fusione, accelerando l’analisi dei dati sperimentali. Nel Regno Unito, i ricercatori del progetto di fusione Joint European Torus (Jet) hanno usato l’intelligenza artificiale per cercare di prevedere il comportamento del plasma. Il concetto è stato usato anche al cinema: in Spider-Man 2 del 2004, il cattivo Doc Ock crea un esoscheletro alimentato dall’Ia per controllare il suo reattore a fusione sperimentale, che funziona alla grande fino a quando l’Ia non prende possesso della sua mente e inizia a uccidere le persone.

Prospettive future
Nel complesso, la collaborazione con DeepMind potrebbe rivelarsi più importante man mano che aumenteranno le dimensioni dei reattori a fusione. Nonostante i fisici riescano a controllare senza grossi problemi il plasma nei tokamak su piccola scala ricorrendo a metodi convenzionali, le difficoltà aumenteranno quando gli scienziati cercheranno di realizzare versioni delle dimensioni di una centrale. I progressi sono stati lenti ma costanti. La settimana scorsa il progetto Jet ha raggiunto un nuovo traguardo, stabilendo il record di quantità di energia ottenuta da un progetto di fusione. Nel frattempo, in Francia prosegue la costruzione di Iter, un progetto frutto di una collaborazione internazionale che – una volta messo in funzione, nel 2025 – porterà al più grande reattore a fusione sperimentale del mondo.

Più il tokamak è complesso e performante, più aumenta la necessità di controllare quantità maggiori con sempre più affidabilità e precisione”, spiega Dmitri Orlov, un ricercatore associato del Center for energy research di San Diego. Un tokamak controllato dall’intelligenza artificiale potrebbe essere ottimizzato per controllare il trasferimento di calore generato dalla reazione alle pareti della struttura e prevenire pericolose “instabilità del plasma”. Gli stessi reattori potrebbero essere riprogettati per sfruttare il controllo più rigoroso garantito dall’apprendimento per rinforzo.

In definitiva, dice Fasoli, la collaborazione con DeepMind potrebbe permettere ai ricercatori di spostare un po’ più in là il confine e accelerare il lungo viaggio verso l’energia da fusione: “L’intelligenza artificiale ci permetterebbe di esplorare cose che altrimenti non esploreremmo, perché grazie a questo tipo di sistema di controllo possiamo permetterci di correre dei rischi che altrimenti non oseremmo correre – ha spiegato-. Se siamo sicuri di avere un sistema di controllo che può portarci vicino al limite ma non oltre, possiamo esplorare possibilità che altrimenti non esisterebbero“.

Fonte: Wired.it

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