L'interno di un tokamak, la struttura a forma di ciambella progettata per contenere una reazione di fusione nucleare, presenta un peculiare
L’interno di un tokamak, la struttura a forma di ciambella progettata per contenere una reazione di fusione nucleare, presenta un peculiare tipo caos. Gli atomi di idrogeno vengono uniti a temperature inconcepibili, creando un plasma a mulinello più caldo della superficie solare. Trovare modi intelligenti per controllare e confinare questo plasma sarà la chiave per sfruttare il potenziale della fusione nucleare, di cui da decenni si parla come della fonte di energia pulita del futuro. Attualmente, la scienza alla base della fusione sembra consolidata, ma rimane la sfida ingegneristica: “Dobbiamo riuscire a riscaldare questa materia e tenerla insieme abbastanza a lungo da poterne estrarre energia“, ha spiegato Ambrogio Fasoli, direttore dello Swiss plasma center all’École polytechnique fédérale di Losanna, in Svizzera.
Ma ogni volta che i ricercatori vogliono cambiare la configurazione del plasma e sperimentare forme diverse in grado di produrre maggiore potenza o un plasma più pulito, è necessaria un’enorme mole di lavoro di ingegneria e progettazione. I sistemi convenzionali sono controllati da computer e basati su modelli e accurate simulazioni, ma, spiega Fasoli, sono “complessi e non sempre ottimizzati“.
La rete neurale – un tipo di configurazione di Ai progettata per imitare l’architettura del cervello umano – è stata inizialmente addestrata in una simulazione. Inizialmente, ha osservato come le modifiche alle impostazioni su ciascuna delle diciannove bobine influenzavano la forma del plasma all’interno del tokamak. Successivamente, sono state messe a disposizione dell’intelligenza artificiale diverse forme per cercare di ricreare il plasma. Queste comprendevano una sezione trasversale a forma di “D” simile a quella che sarà utilizzata all’interno di Iter (l’ex International thermonuclear experimental reactor), il colossale tokamak sperimentale in costruzione in Francia, e una configurazione a fiocco di neve che potrebbe contribuire a dissipare l’intenso calore generato dalla reazione in modo più uniforme all’interno della struttura.
Non è la prima volta che l’intelligenza artificiale viene utilizzata per cercare di controllare la fusione nucleare. Dal 2014, Google collabora con la società di fusione californiana Tae Technologies per applicare l’apprendimento automatico a un diverso tipo di reattore a fusione, accelerando l’analisi dei dati sperimentali. Nel Regno Unito, i ricercatori del progetto di fusione Joint European Torus (Jet) hanno usato l’intelligenza artificiale per cercare di prevedere il comportamento del plasma. Il concetto è stato usato anche al cinema: in Spider-Man 2 del 2004, il cattivo Doc Ock crea un esoscheletro alimentato dall’Ia per controllare il suo reattore a fusione sperimentale, che funziona alla grande fino a quando l’Ia non prende possesso della sua mente e inizia a uccidere le persone.
“Più il tokamak è complesso e performante, più aumenta la necessità di controllare quantità maggiori con sempre più affidabilità e precisione”, spiega Dmitri Orlov, un ricercatore associato del Center for energy research di San Diego. Un tokamak controllato dall’intelligenza artificiale potrebbe essere ottimizzato per controllare il trasferimento di calore generato dalla reazione alle pareti della struttura e prevenire pericolose “instabilità del plasma”. Gli stessi reattori potrebbero essere riprogettati per sfruttare il controllo più rigoroso garantito dall’apprendimento per rinforzo.
In definitiva, dice Fasoli, la collaborazione con DeepMind potrebbe permettere ai ricercatori di spostare un po’ più in là il confine e accelerare il lungo viaggio verso l’energia da fusione: “L’intelligenza artificiale ci permetterebbe di esplorare cose che altrimenti non esploreremmo, perché grazie a questo tipo di sistema di controllo possiamo permetterci di correre dei rischi che altrimenti non oseremmo correre – ha spiegato-. Se siamo sicuri di avere un sistema di controllo che può portarci vicino al limite ma non oltre, possiamo esplorare possibilità che altrimenti non esisterebbero“.
Fonte: Wired.it