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Ecco la prima foto di Mercurio scattata da BepiColombo, e entrerà nella storia

La sonda dell'Esa e della Jaxa, con tanti strumenti italiani, ha immortalato la Sihtu Planitia del pianeta più vicino al Sole

Ecco la prima foto di Mercurio scattata da BepiColombo, e entrerà nella storia

  https://youtu.be/fMt1mq-Ggzw   Abbiamo la prima immagine di Mercurio scattata da BepiColombo, la sonda dell’Agenzia Spaziale Europe

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Abbiamo la prima immagine di Mercurio scattata da BepiColombo, la sonda dell’Agenzia Spaziale Europea spedita in missione in collaborazione con la Jaxa, quella giapponese. La distanza è di 2.428 chilometri, davvero molto ravvicinata per la scala delle misure spaziali, ed è stata scattata pochi minuti dopo il primo “flyby”, un sorvolo vicinissimo al pianeta: si era infatti spinta ad appena 199 chilometri dalla superficie.

Partita il 20 ottobre 2018 dalla base spaziale europea di Kourou, in Guyana Francese, BepiColombo ha già effettuato due avvicinamenti a Venere ed effettuerà altri cinque sorvoli del pianeta più interno del Sistema solare, il più vicino alla nostra stella, il più piccolo e con l’orbita più eccentrica. Un bell’inferno di gelo e di calore. Altre due missioni ci avevano raccontato molto del pianeta: la Mariner 10 negli anni Settanta, per cui fu fondamentale il lavoro del matematico e astronomo Giuseppe Colombo a cui è dedicata la sonda attuale, e la Messenger della Nasa trent’anni più tardi.
L’immagine, realizzata con due delle tre telecamere al bordo sul lato notturno in risoluzione 1024 x 1024 pixel, mostra una regione dell’emisfero settentrionale di Mercurio chiamata Sihtu Planitia, una struttura geologica di 565 chilometri di diametro che circonda il cratere Calvino, generato dall’impatto di un corpo celeste. BepiColombo effettuerà dunque sei transiti in totale entro il 2025, fino a stabilizzarsi nella giusta orbita per continuare la sua vita utile fino a quando le strumentazioni – sottoposte a fortissime sollecitazioni vista la vicinanza del Sole – reggeranno. In realtà la missione principale è costituita proprio dalla fase che inizierà fra quattro anni. Fra l’altro, quattro dei 16 strumenti ed esperimenti a bordo sono italiani, sviluppati dall’Agenzia spaziale italiana in collaborazione con l’Istituto nazionale di astrofisica e l’università La Sapienza di Roma.
La missione si compone in realtà di due orbiter: l’europea Mercury Planetary Orbiter e la giapponese Mercury Magnetospheric Orbiter, che viaggiano a bordo di un modulo trasportatore battezzato Mercury Transfer Module. I due orbiter ruoteranno in orbite complementari intorno al pianeta, approfondendo ambiti come il nucleo, il campo magnetico e gravitazionale, l’esosfera e la composizione superficiale del più vicino dei pianeti al Sole di cui sappiamo ancora troppo poco.
Fonte: Esquire.it

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