https://youtu.be/yo_mXCJRFZs L'idea, va detto, è originale, e rappresenta un piccolo passo nell'integrazione tra forme di vita biologiche e rob
L’idea, va detto, è originale, e rappresenta un piccolo passo nell’integrazione tra forme di vita biologiche e robotiche: utilizzare insetti vivi al posto dei terminali degli arti robotici per sfruttare le loro capacità biomeccaniche e trasformarli in pinze prensili. Non siamo certo al Cyborg della DC Comics o ai “replicanti” di Blade Runner, ma da qualche parte si doveva pur partire (si doveva?). Fatto sta che un gruppo di scienziati giapponesi della Tohoku University hanno deciso di utilizzare le capacità “rotolanti” dei trilobiti terrestri (Armadillidiidae) e la forza di serraggio dei chitoni per sostituire i terminali prensili degli arti artificiali.
BIOROBOTICA E BIOMIMETICA. Ma quali esperimenti sono stati condotti? In sostanza, lo scopo primario era quello di costruire un braccio meccanico che disponesse di un cervello autonomo, rappresentato dall’animale vivo nel ruolo di “effettore” finale dell’arto che avesse la libertà di decidere in autonomia se afferrare o meno dei batuffoli di ovatta. Tale esperimento si muove nell’ambito di due diverse branche della robotica: la biomimetica, un campo interdisciplinare che si ispira alla natura per creare soluzioni innovative ai problemi umani (un esempio è la sperimentazione di uccelli tassidermici per realizzare droni realistici), e la biorobotica, ambito nel quale i meccanismi interagiscono effettivamente con gli esseri viventi (come, per esempio, scarafaggi dotati di micro-telecamere per la ricerca di superstiti tra le macerie di un terremoto o, più vicino al nostro caso, l’utilizzo di strumenti per afferrare realizzati manovrando le zampette di ragni morti).
Gli studiosi hanno sottolineato come tutta la ricerca sia stata totalmente improntata sul rispetto di questi animali, i quali non hanno né corso rischi né subito danni, e al termine dei test sono stati rilasciati in natura. Quale utilità possa avere una ricerca del genere lo spiegano gli stessi ricercatori, i quali affermano che cercare ispirazione negli organismi biotici, se si parla di robotica, abbia sempre senso, dato che gli animali nel corso di milioni di anni si sono evoluti per essere i migliori in ciò che fanno. «Esattamente allo stesso modo in cui, per millenni, abbiamo utilizzato cani da slitta e cavalli per il trasporto o piccioni viaggiatori per spedire messaggi – spiegano gli scienziati – anche in questo ci serviamo di interi organismi biologici per compiere un passo avanti verso l’integrazione tra robot e ambiente».