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Ancora scambio di accuse tra Consob e Bankitalia

Ancora scambio di accuse tra Consob e Bankitalia

Niente confronto "all'americana", come era invece previsto, tra Consob e Bankitalia durante la Commissione d'inchiesta sulle banche venete. La Com

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Niente confronto “all’americana”, come era invece previsto, tra Consob e Bankitalia durante la Commissione d’inchiesta sulle banche venete. La Commissione parlamentare presieduta da Pier Ferdinando Casini, infatti, ha approvato che le audizioni avvenissero in forma testimoniale, sotto giuramento, esattamente come in un’aula di tribunale e dunque i rappresentanti delle due autorità hanno risposto singolarmente alle domande dei commissari. Dopo gli interventi della scorsa settimana Consob e Bankitalia sono tornate in Commissione per fornire maggiori chiarimenti su alcuni punti ed è stato ancora scambio di accuse.

Alla domanda della Commissione sul perché non ci sia stato un intervento nonostante i segnali di crisi dell’istituto veneto il direttore generale della Consob Angelo Apponi ha affermato che la Banca d’Italia non segnalò alla Consob “problemi” di Veneto Banca in vista dell’aumento di capitale del 2013 anzi indicò che l’operazione era “strumentale a obiettivi previsti dal piano per effettuare eventuali acquisizioni coerenti con il modello strategico della banca salvaguardando liquidità e solidità”. Apponi ha spiegato che “Le reazioni della Consob dipendono dal tipo di informazioni e dalla convergenza di indizi. L’ispezione si fa quando esistono sufficienti indizi”. Secondo il direttore generale la vicenda del prezzo delle azioni è stata “seriamente trattata con una nota nel prospetto informativo che è il documento previsto dalle norme comunitarie, può piacere o no. All’epoca non avevamo indizi e infatti abbiamo proceduto quando ci hanno informato”. Per quanto riguarda in particolare la vicenda del prezzo alto delle azioni Apponi ha ribadito che la lettera di Bankitalia dell’8 maggio 2013 “non mi sembra che segnalasse una sofferenza, anzi prevedeva un’acquisizione” e che “Se avessimo avuto segnali di quella profondità avremmo reagito in maniera diversa”. Il dg di Consob ha poi precisato che non è stata la Consob ad approvare l’obbligazione della Popolare di Vicenza, del 29 settembre 2015 – una settimana prima dell’uscita dell’ex presidente Zonin – e quella di Veneto Banca, del dicembre dello stesso anno, “ma un’autorità estera di un Paese europeo”, come consentiva loro la normativa essendo banche non quotate. Inoltre, secondo il direttore generale, nel caso di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, la vigilanza di Consob fu ostacolata da “dati fasulli”. “Se noi elaboriamo dati che ci provengono dagli intermediari”, ha detto, “la vigilanza può trovare ostacolo nel momento in cui ci vengono comunicati dati fasulli. I dati che venivano forniti da queste due banche erano falsi e chi diffonde dati falsi risponderà delle sue affermazioni”. Apponi ha voluto poi precisare che “quello che è successo nessuno può considerarlo un successo”, ma che con i nuovi poteri che entreranno in vigore da gennaio prossimo “potremo essere più attivi”.

Rispondendo a quanto segnalato dalla Consob il capo della vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo ha detto che nel novembre 2013 la Banca d’Italia segnalò alla Consob che il prezzo per l’aumento di capitale di Veneto Banca era “incoerente con il contesto economico, vista la crisi in atto” e ha precisato che “questa è informativa mandata alla Consob” che, a suo parere “era più che sufficiente a far scattare il warning della Consob”. Barbagallo, ha replicato che “certamente quanto contenuto nel documento del novembre 2013 era sufficiente per l’azione della Consob. Poi non so, dato che non vi partecipo, se questo tema sia stato affrontato a livello del comitato tecnico Bankitalia-Consob regolato dal protocollo del 2012”. Il responsabile della vigilanza della Banca d’Italia ha spiegato  che la ragione per cui le risultanze furono inviate a Consob era perchè “si era determinata una discontinuità nella valutazione complessiva della banca”. Barbagallo ha poi sottolineato che dopo il ricevimento della lettera su Veneto Banca, la Consob “se riteneva di non avere i mezzi per ulteriori approfondimenti poteva chiedere a noi e non lo ha fatto. Poi nel comitato tecnico avrebbe potuto chiedere altre informazioni e non lo ha fatto”. Anche su BpVi, il capo della vigilanza ha spiegato i motivi per cui Bankitalia non inviò alla Consob l’ispezione del 2008 che evidenziava carenze nella formazione del prezzo delle azioni. Il rapporto sull’ispezione venne inoltrato all’esame della procura che poi archiviò. Barbagallo ha rilevato che Bankitalia effettua circa 250 ispezioni l’anno negli istituti bancari e “gli esiti dell’ispezione li inviamo ma non tutti i verbali ispettivi. Ogni rapporto sono 50 pagine più gli allegati e non possiamo inondare la Consob con tutti i verbali. Per questo inviamo l’esito dell’ispezione quando riteniamo ci siano profili rilevanti per l’altra Autorità”.

Dopo il botta e risposta tra Consob e Bankitalia il presidente Casini ha spiegato come “possano ritenersi superate le criticità circa le possibili contraddizioni dell’audizione del 2 novembre”. “Dall’esame testimoniale non sono emerse discordanze su scambi missive Bankitalia-Consob ma valutazioni divergenti su condotte”. Ai sensi del codice il confronto “presuppone non un disaccordo valutativo, ma su fatti e circostanze e non ritengo attivabile questo strumento”.

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