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Maiduguri: la sfida e la grazia

Maiduguri: la sfida e la grazia

https://youtu.be/1SOeNRr4jaE C’è un luogo, in Africa, dove l’ordine naturale delle cose si è interrotto. La vita scorre in margine alla morte

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C’è un luogo, in Africa, dove l’ordine naturale delle cose si è interrotto. La vita scorre in margine alla morte, l’eresia è stata elevata a fede, migliaia di biografie sono state piallate in una tragedia uniformatrice, e tutto è stato raso al suolo, persino le parole hanno perso il loro valore ontologico di descrivere ciò che c’è rivelando invece l’opposto di ciò che raccontano: questo luogo, nel nord est della Nigeria è lo Stato del Borno, che in lingua hausa signficia ”Casa della pace”, ma che è divenuto dal 2009 ad oggi la dimora di Boko Haram, la setta jihadista africana che in in undici anni ha provocato la morte di 350mila persone e ha costretto alla fuga e all’esodo quasi 3 milioni di cittadini.

Maiduguri è la capitale di questo stato della Repubblica federale della Nigeria, incastonata tra l’Africa subsahariana e il Sahara, tra le sabbie e il cielo, tra i checkpoint e i campi profughi, tra la vita e la morte. Ed è in questa città che, arrivata a contare quasi 2 milioni di abitanti in seguito all’arrivo degli sfollati del conflitto, occorre addentrarsi se si vuole avere una prospettiva privilegiata per capire cosa significhi vivere laddove non si può sospettare l’incedere della vita senza l’incombere improvviso della tragedia.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 A glimpse of Maiduguri

Come si esce dall’aeroporto, si viene sferzati dal caldo vento del nord, l’Harmattan, che solleva nugoli di polvere e cuce addosso, come brividi di febbre, le infuocate temperature africane. Subito si ha la percezione del conflitto che è in corso a queste latitudini. I checkpoint sono in ogni dove, i controlli dei documenti sono sistematici e premurosi, cavalli di frisia e blindati dell’esercito punteggiano le strade tappezzate dai manifesti con i ritratti dei membri più ricercati della setta jihadista Boko Haram.

 
 

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 The Civilian Joint Task Force (CJTF)- patrolling Sector X

“Vivere a Maiduguri è una sfida, una sfida perché ogni giorno si è posti difronte alla paura, al rischio e alla minaccia. Ma vivere a Maiduguri è anche una grazia, la grazia ricevuta di dover testimoniare”. È con queste parole che padre Joseph Fidelis, della Diocesi di Maiduguri, accoglie e ricorda il perché della presenza dei giornalisti in città: per obbligatorietà di testimonianza e responsabilità dell’assistere.

E mentre attraversa la città in fuoristrada, il sacerdote nigeriano indica i minareti della Moschea Centrale, poi passa accanto al luogo dove sorgeva la Markaz, il complesso che ospitò le prime predicazioni di Mohamed Yousuf, il fondatore di Boko Haram, e il prete cattolico svela, a poco a poco, la città in cui vive e opera e che la setta jihadista vorrebbe trasformare nella capitale del Califfato africano: “Da quando è iniziata la crisi dettata dal terrorismo noi cristiani siamo stati presi di mira e ad oggi, a ben 11 anni dall’inizio delle violenze, viviamo ancora perseguitati e minacciati. Anche io sono stato vittima di minacce, ma questo non deve fermarci dal compiere la nostra missione”.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 Sunday Mass in St Mary’s Catholic Church, located in the Polo neighbourhood

La domenica la chiesa di St.Mary’s Catholic, situata nel quartiere di Polo, accoglie fedeli che provengono da ogni parte della città. Al di fuori dell’ingresso del tempio i volontari perquisiscono tutti i presenti per scongiurare la minaccia di eventuali attacchi terroristici e quattro guardie armate presidiano gli ingressi della cattedrale. Leggendo i report della Diocesi di Maiduguri si scopre infatti che circa 100mila parrocchiani, 200 catechisti, 30 suore e 26 preti sono stati sfollati a causa di Boko Haram e oltre 350 chiese, 30 scuole e 6 ospedali sono stati completamente rasi al suolo. La celebrazione domenicale ha inizio e tra i banchi della navata i fedeli danzano, cantano e ballano. Ed è la parola pace quella che viene pronunciata più spesso durante la funzione. Al termine della liturgia il padre Fidelis spiega: “Il nostro aiuto però non è solo di tipo spirituale. Di fronte a questa emergenza noi cerchiamo di dare un aiuto concreto sia in termini di supporto psicologico, ma anche per quel che riguarda gli aiuti umanitari perché la guerra, e anche il Covid, hanno inasprito una situazione economica già compromessa e la gente ha bisogno di cibo perché qui si soffre davvero la fame. I terroristi, inoltre, compiono ogni sorta di violenza nei confronti delle donne, non solo stupri, ma anche violenze psicologiche indicibili”.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 Un gruppo di giovani ha ricevuto la sua prima comunione nella cattedrale cattolica di San Patrizio

“Ci sono casi di ragazze e bambine che hanno assistito alle decapitazioni dei propri genitori e madri che hanno visto morire i propri figli. È necessario che noi ci impegniamo ad aiutare le persone vittime di questi orrori ed è per questo che grazie all’Associazione Aiuto alla Chiesa che soffre abbiamo dato vita allo Human Resources Skills and Acquisition for Trauma Care, un centro specializzato nell’aiutare le donne e le ragazze che sono state vittime di violenza fisica e psicologica da parte degli islamisti. Il centro è in fase di ultimazione, ma nel mentre abbiamo attivato un’equipe che lavora nelle tendopoli presenti in città”.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 Sunday Mass in St Mary’s Catholic Church, located in the Polo neighbourhood

Dove doveva sorgere la segreteria della diocesi di Maiduguri è sorto invece un campo per sfollati in fuga dalle persecuzioni dei militanti jihadisti. La tendopoli ospita circa 500 persone, sono tutti profughi cattolici che hanno abbandonato i loro villaggi, perso per sempre il loro passato e oggi vivono con la sola eredità delle proprie sofferenze. L’unica fonte di sopravvivenza per le famiglie sfollate proviene dalla chiesa che fornisce alloggio, razioni di cibo e garantisce anche istruzione gratuita ai bambini.

Ed è in questo campo improvvisato, dove tra sacchi di sorgo e mais si affastellano anabasi familiari, che si incontra Mary, che vive insieme ai suoi figli e alle sue sorelle e ricorda così il giorno in cui è fuggita da casa sua: “Gli uomini di Boko Haram sono arrivati nel nostro villaggio, la gente fuggiva, da ogni parte. Loro hanno ammazzato mio padre e mia madre e per giorni io ho vagato con le mie sorelle sulle montagne. Mangiavamo quello che trovavamo, bevevamo l’acqua solo quando ce ne si offriva l’occasione. Siamo scappate in Camerun, ma anche lì sono arrivati i terroristi. E quindi siamo fuggiti di nuovo e adesso siamo qua”. Mary, seduta in un piccolo antro dove vive con sua sorella più piccola e i suoi bambini, racconta di come gli jihadisti non abbiano scrupoli e aggiunge che la loro politica di distruzione e violenza non si abbatte solo su ”gli infedeli”, ma travolge anche i cittadini musulmani.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 Sunday Mass in St Mary’s Catholic Church, located in the Polo neighbourhood

Per comprendere appieno quanto detto dalla donna occorre recarsi in un altro luogo adibito a ricovero per sfollati. La vecchia stazione dei treni di Maiduguri. Qui sono ospitati altri 500 profughi e quasi tutti sono musulmani che, sui binari morti della vecchia ferrovia, hanno trovato un precario ancoraggio alla vita.

È uno scenario di desolazione quello che si presenta. Le banchine e le sale dei passeggeri di quella che un tempo era una ferrovia che metteva in comunicazione il nord del Paese con il sud sono adesso adibiti a giacigli. Zanzariere e materassi sono posizionati in ogni dove e sulle banchine, come nella vecchia biglietteria, sono accesi piccoli fuochi sui quali vengono scaldate manciate di riso.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 Il campo per sfollati interni della stazione ferroviaria. In questo campo 95 persone su 100 sono musulmani

Tra chi vive sospeso in questo luogo di perenne attesa c’è Mohamed, che da sette anni e tre mesi, da quando gli jihadisti hanno assaltato il suo paese, alloggia da solo in questa stazione dove gli orologi sono tutti fermi a indicare un tempo passato a cui non ha fatto seguito né un oggi e neppure un domani: “Da quando sono scappato ho perso tutto. Tutto. La mia attività, la mia famiglia e posso solo restare qua. Tutt’intorno alla città ci sono i ribelli e questo è l’unico posto sicuro in cui stare. I soldati di Boko Haram non sono veri musulmani, loro sono terroristi, non fanno differenza tra cristiani e musulmani, loro uccidono tutti, sono degli assassini e basta”. La storia di Boko Haram negli ultimi anni è stata tortuosa e caratterizzata da faide interne. La setta jihadista nata nel 2002 dalle predicazioni di Mohamed Youssef nel 2009 è passata dalla violenza dei sermoni a quella delle armi. Ed è stato quello l’anno in cui il gruppo, il cui nome in lingua hausa significa ”l’educazione occidentale è proibita” essendo haram il termine utilizzato per indicare ciò che vietato dal Corano e boko una storpiatura della parola book che in inglese significa libro e rappresenta quindi il concetto di sapere, è salito alla ribalta delle cronache internazionali per aver compiuto attacchi e massacri in tutta la Nigeria.

A seguito della morte del fondatore Yousuf le redini del potere sono state prese da Abubakar Shekau, il leader sanguinario del gruppo osteggiato addirittura nel mondo dello jihadismo per la sua ferocia indiscriminata. È stato lui ad aver introdotto l’utilizzo di bambini come attentatori kamikaze e ad aver fatto della violenza cieca lo strumento con cui imporre il potere islamista. Un cambiamento radicale nella formazione è avvenuto quando si è affermato nella galassia dell’internazionalismo jihadista l’Isis.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 The Civilian Joint Task Force’ (CJTF) – pattugliano il Settore X

Con l’ascesa del gruppo di Al Baghdadi, in Nigeria si è verificata una scissione interna e ad oggi esistono due gruppi salafiti: uno ha il nome di JAS (Jama’tu Ahlis Sunna Lidda awati wal-Jihad), vanta tra i 1500 e i 2000 uomini ed è attivo nella foresta di Sambisa e in alcune zone dello Stato del Borno, compie attacchi indiscriminati, rapimenti, attentati anche contro i musulmani che non aderiscono alla formazione, ed è legato alla figura di Abubakar Shekau. Lo storico leader il 20 maggio 2021 è stato dato per morto, ma certezze sulla sua morte non se ne hanno dal momento che già altre tre volte in passato era stata annunciata la sua uccisone.

L’altro gruppo è l’ISWAP (Islamic State West African Province), guidato da Abu Abdallah Al Barnawi, legato all’ISIS e forte di quasi 5000 uomini e che sta creando un vero e proprio stato islamico nella regione. I territori sotto il controllo della branca africana del Califfato, che si estendono dallo Stato del Borno sino alle sponde del Lago Ciad, hanno visto la nascita di infrastrutture, di un sistema di tassazione, di scuole e di ospedali e il gruppo ha preso controllo  di un’ampia porzione di territorio nigeriano sfruttando l’assenza del governo di Abuja che ha abbandonato le popolazioni del nord est alla fame, alla miseria e all’epidemie, tanto che secondo l’O.C.H.A. (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), nei tre stati più colpiti dalla guerra, Borno, Adamawa e Yobe, 7,7 milioni di persone hanno un disperato bisogno di assistenza umanitaria e metà di loro sono bambini.

Africa, Nigeria, Maiduguri, 2021 The Civilian Joint Task Force’ (CJTF) – pattugliano il Settore X

Boko Haram si alimenta ogni giorno dell’assenza dello stato e potenzia le sue armi grazie alla miseria e all’ignoranza e a confermalo è Micalel Hameth, insegnante in una scuola coranica di Maiduguri che, incontrato nella sangaya (scuola coranica in Nigeria) in cui insegna, circondato da giovanissimi studenti che apprendono a leggere e scrivere recitando le sure incise sui loox, le tavole coraniche utilizzate nel Sahel, racconta: “Noi ai ragazzi diamo un’istruzione e diamo anche da mangiare e vietiamo loro di andare a mendicare. Per le strade voi vedrete molti bambini chiedere l’elemosina, ma sono tutti fanciulli dei campi profughi, a uno studente coranico è vietato. E Boko Haram allarga le sue fila grazie a quei ragazzi, alla miseria in cui vivono. Li compra dando loro dei soldi e poi li indottrina con falsi precetti coranici”.

E proseguendo ha aggiunto. “È vero, siamo tutti musulmani, noi e loro. Ma quanti musulmani ci sono nel mondo? Ci siamo noi che insegniamo a leggere, scrivere e far di conto ai bambini e loro che invece li educano ad essere degli assassini. Non siamo le stesse persone. Talvolta i membri di Boko Haram vivono mimetizzati tra di noi, è per questo che il nostro lavoro è importante. Fornire un’educazione significa creare un argine e impedire che i giovanissimi possano essere adescati dai terroristi ed essere ingannati dalle loro parole”.

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