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E se dal Trattato del Quirinale nascesse la nuova Europa?

Il ruolo decisivo di Draghi nel triangolo rifondativo con Parigi e Berlino

E se dal Trattato del Quirinale nascesse la nuova Europa?

Le economie di Italia e Francia crescono a un ritmo doppio rispetto alla Germania ed è una buona notizia. Questo non perché va male la Germania, piutt

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Le economie di Italia e Francia crescono a un ritmo doppio rispetto alla Germania ed è una buona notizia. Questo non perché va male la Germania, piuttosto, perché finalmente anche le economie mediterranee dimostrano di essere capaci di trainare l’economia dell’intera Unione europea. Siamo convinti e ci auguriamo che l’economia tedesca tornerà a crescere ai ritmi a quali ci aveva abituato, tuttavia, nel frattempo, l’asse italo-francese sta dimostrando di sapersi porre come guida della ripresa economica in Europa. Una concorrenza di leadership che, come tutte le forme di concorrenza, non può che fare del bene al futuro dell’Unione.

In questa concorrenza di leadership possiamo trovare il senso del Trattato del Quirinale siglato il 26 novembre da Italia e Francia. Il quale non è la semplice somma algebrica degli interessi di due paesi fondatori e “motore” dell’Unione, ma una forza sinergica che contribuisca con rinnovato vigore al processo di costruzione europeo. Processo che necessariamente dovrà essere rilanciato con tutti gli altri paesi membri, Germania in testa.

Ma come siamo arrivati alla firma del Trattato? Partiamo dalla sua genesi. Macron riferisce nel 2018 che l’idea del Trattato è nata nel settembre 2017 a Lione, durante il vertice franco-italiano, a seguito della domanda di un giornalista che chiedeva come mai tra Italia e Francia non esistesse l’equivalente del Trattato dell’Eliseo, che dal 1963 lega Parigi e Berlino. La domanda documentava una distanza cui sembrò opportuno porre rimedio con un Trattato che avvicinasse la Francia all’Italia con modalità analoghe. L’idea fu ripresa a gennaio 2018 con Paolo Gentiloni, all’epoca Presidente del Consiglio, concordando sul progetto di costruire un accordo che sarebbe stato denominato, per specularità con il Trattato dell’Eliseo, “Trattato del Quirinale”.

Il primo passo verso la stesura del Trattato consistette nella nomina di un comitato di sei saggi, tre francesi e tre italiani (Sylvie Goulard, Pascal Cagni, Gilles Pecout, Paola Severino, Franco Bassanini, Marco Piantini) ai quali venne attribuito il compito di elaborare un testo che colmasse il gap rilevato, consentendo anche all’Italia di fare asse in modo strutturato, veicolando le strategie UE. I pilastri del Trattato, che avrebbe dovuto essere snello ed essenziale e che avrebbe dovuto essere firmato, negli auspici di Macron e Gentiloni, a fine del 2018, venivano individuati nella convergenza delle politiche economiche, nella dimensione europea della Difesa, nelle politiche migratorie, nella protezione ambientale, nelle politiche culturali e sociali. Era, inoltre, evidente che vi sarebbe stata una particolare attenzione anche al settore industriale e, più specificamente ancora, a quello navale, sia civile che militare, dopo il tentativo di acquisizione dei cantieri navali Stx di Saint Nazaire da parte di Fincantieri, operazione poi fallita nel gennaio 2021. Tutti i temi erano proiettati nell’ottica di contribuire a realizzare un’Europa “sicura”, “prospera” e “sostenibile”, “sociale” e “più forte sulla scena mondiale”. Si trattava, dunque, non già soltanto di un accordo bilaterale, ma di un accordo tra due dei Paesi fondatori dell’Europa, con una forte connotazione e una proiezione strategica verso il rafforzamento dei valori Europei.

Sul piano della politica migratoria il proposito era di porre l’accento sui principi di responsabilità condivisa e solidarietà. Sul piano delle politiche economiche, ci si concentrava sugli obiettivi di crescita e occupazione, anche attraverso un’azione di stimolo dell’innovazione e della ricerca scientifica. Sul piano delle politiche sociali si puntava sulla tutela dei diritti fondamentali, sull’inclusione e l’empowerment femminile. Quanto alla difesa comune europea, l’obiettivo era quello di dare una spinta al rafforzamento, in piena complementarità con la scelta atlantica.

La dichiarazione congiunta di Macron e Gentiloni l′11 gennaio 2018 sottolineava, in sintesi, che alle relazioni storiche tra Italia e Francia, si dovesse dare una cornice più stabile e più ambiziosa con l’idea, già emersa nel vertice di Lione, di redigere un Trattato bilaterale italo-francese. Il gruppo di lavoro dei sei saggi elaborò un progetto, che avrebbe poi dovuto essere integrato e trasformato in Trattato dagli esperti della Farnesina e rivisto dal Governo. Il progetto venne consegnato al Presidente Gentiloni e al Presidente Macron nel maggio del 2018. Poco dopo subentrò il governo Conte I e, come è noto, si verificarono una serie di episodi di tensione tra la Francia e l’Italia per cui il progetto, pur presentato al nuovo Presidente del Consiglio, si bloccò per un lungo periodo.

È solo con l’avvento del Conte II, a pandemia nel frattempo diffusasi in tutta Europa, che qualcosa comincia a muoversi. Viene, infatti, programmata una visita di Stato del Presidente Mattarella il 5 ottobre 2019, gli inviti spediti dall’Eliseo e dal Quirinale partono una decina di giorni prima, le due Ambasciate si attivano per l’individuazione dei temi da inserire all’ordine del giorno, tra cui probabilmente anche il Trattato, ma l’incalzare della diffusione del Covid impedisce la visita, che viene disdetta poco prima della data concordata.

Nel frattempo, però, le diplomazie dei due Paesi, molto silenziosamente, riprendono l’elaborazione del testo, con scambi di bozze tra Parigi e Roma.

Con l’avvento del Governo Draghi, dal 13 febbraio 2021, i lavori riprendono più intensamente, come testimoniano le visite del Presidente del Consiglio a Parigi l′11 maggio 2021 (la visita programmata a febbraio fu annullata per Covid) e del Presidente Mattarella all’Eliseo il 5 luglio 2021. In occasione della visita di Draghi a Parigi, i giornali scrissero che si era trattato di un “momento storico” per le relazioni bilaterali, citando la sintonia tra Macron e Draghi e preannunciando la visita del Presidente Mattarella entro l’estate. Già in quella occasione si scriveva che “per suggellare l’intesa è in dirittura di arrivo il Trattato del Quirinale, un accordo di cooperazione bilaterale, ispirato a quelli dell’Eliseo e di Aquisgrana già siglati con la Germania”, che vedeva in Mattarella “il vero garante della relazione franco-italiana” (Repubblica 6 maggio 2021). Ciò dimostra che l’intervento del Presidente Draghi, il quale aveva addirittura programmato la prima visita a Parigi a pochi giorni dal suo insediamento (costretto poi a spostarla dalle misure antipandemia), fu determinante per spingere ed accelerare l’elaborazione del Trattato, che deve il suo felice epilogo alla forte intesa instauratasi tra il Presidente Draghi e il Presidente Mattarella, da una parte, e il Presidente Macron dall’altra.

Con il Trattato del Quirinale, l’Italia e la Francia ufficializzano, dunque, una profonda e duratura amicizia che ora si evolve e si rinsalda in una cooperazione bilaterale rafforzata, con al centro tutte le principali funzioni dello Stato: affari esteri, sicurezza e difesa, affari europei, politiche migratorie di giustizia e affari interni, economia, industria e transizione digitale, sviluppo sostenibile, spazio, istruzione, ricerca e innovazione, cultura, giovani e società civile e cooperazione transfrontaliera. Una simbiosi olistica che vuole rappresentare la serietà e l’ambizione dei due paesi nel voler avere ancor più un ruolo da protagonisti nella “nuova” Europa post-pandemica. Perché, è bene ricordarlo, con la pandemia l’Europa e il mondo non saranno più quelli di prima.

Così come la “vecchia” Europa nacque alla fine della Seconda Guerra mondiale per garantire una pace duratura dopo la grande crisi politico-economica che sfociò nel conflitto mondiale, ora come allora, la “nuova” Europa nasce sulla crisi pandemica. La strategia comune sui vaccini, il Next Generation EU, la comunanza delle risorse, il debito europeo rappresentano oggi quello che i Trattati fondativi, CECA, CEE ed Euratom, guarda caso firmati il primo nel 1951 a Parigi e gli altri due nel 1957 a Roma, rappresentavano negli anni ’50. Questo nuovo passo ulteriore nel processo di integrazione europea è stato frutto più di una risposta indotta dalle contingenze della pandemia che non da una precisa volontà politica. Un concreto esempio di ciò che affermava Jean Monnet “l’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per quelle crisi”. Un’Europa che esce dalle crisi se gioca contro le sue stesse regole. Un paradosso, ma neanche più di tanto.

In questo, antesignano fu proprio il presidente Mario Draghi, quando nel meeting dei banchieri centrali tenutosi a Jackson Hole il 22 agosto 2014, esortava i leader europei a intraprendere politiche di bilancio espansive, in modo da coadiuvare le politiche monetarie non convenzionali, adottate allora dai banchieri centrali di tutto il mondo, per supplire proprio alla assenza di risorse fiscali. Se a quel tempo la valenza del monito di Draghi non fu colpevolmente compresa fino in fondo, nella primavera-estate del 2020 quello stesso monito diviene la pietra miliare delle nuove politiche economiche europee. La sospensione delle regole del Patto di Stabilità e Crescita (general escape clause) e la contestuale sospensione delle regole sugli aiuti di stato in tema di concorrenza (Temporary Framework) sono la traduzione del pensiero di Draghi espresso a Jackson Hole. Allo stesso tempo, esse sono una chiara cesura con un passato fatto di miope austerità, di rigore eccessivo, di iper-regolazione e di compromessi al ribasso.

La cooperazione rafforzata che nasce dal Trattato del Quirinale tra Italia e Francia farà da impulso e da traino anche al processo di ricostruzione e di adeguamento della governance economica europea, come scritto esplicitamente nel testo dell’accordo, e il primo banco di prova sarà proprio sulla trattativa che si è aperta lo scorso ottobre per la revisione delle regole del Patto di Stabilità e Crescita.

Il solito annoso dibattito che vede contrapposte due posizioni oramai cristallizzate. Da un lato la visione dei paesi del Nord Europa che sostengono il mantenimento dell’attuale architettura delle regole di bilancio per un’ottusa interpretazione rigorista (e per quei Paesi conveniente) dei conti pubblici, figlia della deriva burocratica e prescrittiva della Commissione europea, dall’altro i paesi del Sud Europa che chiedono, invece, semplificazione, trasparenza delle regole e maggiore flessibilità per politiche anticicliche di bilancio.

In questo dibattito diverse sono le soluzioni avanzate e la lista è lunga. Tentando di semplificare al massimo, si va dall’European Fiscal Board che propone una regola della spesa (expenditure rule) che sostituisca l’incomprensibile contabilità strutturale, a quella del MES (Fondo salva stati) che indica l’innalzamento della soglia del rapporto debito/Pil dal 60% al 100%, a quella dei paesi “frugali” che più semplicemente vogliono mantenere lo status quo.

Tutte queste proposte, però, sono state elaborate ancora secondo il vecchio paradigma che prevede le soglie dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil che già prima della pandemia si erano rivelati inefficaci, sia nello stabilizzare gli obiettivi di finanza pubblica, che nel promuovere la convergenza dell’economie dell’Unione europea. Come durante l’inizio della pandemia, occorre guardare oltre alle regole esistenti. Occorre, dunque, abbandonare l’eccesso di regolazione secondaria che negli anni si è stratificata con il Six Pack, il Two Pack e il Fiscal Compact (quest’ultimo un Trattato) imbrigliando smisuratamente la politica economica europea sugli “zero virgola” per quanto riguarda deficit e debito. Politiche e regole che ci hanno portato a perdere di vista i macro aspetti qualitativi dell’economia europea a favore di parametri quantitativi spesso fini a sé stessi.

L’asse Italia-Francia, in un momento storico che vede la Germania in una fase di transizione politica dopo l’era Merkel, cancelliera tedesca e leader europea, può e deve compensare il difficile cambio di passo che sta avvenendo in Germania con la formazione del nuovo governo Scholz, che dovrà raccogliere il pesante fardello della straordinaria eredità lasciata da Angela Merkel.

Questa rinnovata relazione bilaterale tra Italia e Francia può rappresentare la naturale prosecuzione intelligente nel segno della continuità di quanto fatto con il NGEU, la sospensione delle regole del Patto di Stabilità e Crescita e il Temporary Framework. La “nuova” Europa può passare per il Trattato del Quirinale, con la speranza che questo asse si trasformi presto in una triangolazione comprendente anche la Germania. In un inedito stato nascente della nuova Europa.

Fonte: Huffpost.it

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