HomeCommunication & Tecnologies

Ecco i robot più piccoli mai inventati

Granchi sub-millimetrici. Robot ispirati alle api o alle mosche. La miniaturizzazione è una delle frontiere della robotica: vediamo alcuni tra i modelli più promettenti di micro-robot sviluppati negli ultimi anni

Ecco i robot più piccoli mai inventati

Cammina, può essere telecomandato a distanza, ma si fa fatica a vederlo a occhio nudo. Si tratta dell'attuale detentore del titolo di robot semovente

Forget 8 Hours – Scientists Discover Ideal Amount of Sleep in Middle and Old Age
Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale nella Repubblica Popolare Cinese
Trapianti, un nuovo metodo rende gli organi ‘universali’

Cammina, può essere telecomandato a distanza, ma si fa fatica a vederlo a occhio nudo. Si tratta dell’attuale detentore del titolo di robot semovente e controllabile a distanza più piccolo mai costruito: un microscopico granchietto con un diametro di appena mezzo millimetro, sviluppato nei laboratori della Northwestern University. A cosa serve? Al momento, a dire il vero, a nulla. In futuro però robot del genere potrebbero effettuare riparazioni in spazi irraggiungibili da essere umani e strumenti di dimensioni normali; potrebbero assistere i chirurghi nelle operazioni più delicate; somministrare farmaci all’interno del corpo umano, direttamente nei tessuti che ne hanno più bisogno. Non è un caso, allora, se nel campo della robotica la miniaturizzazione sta diventando un’autentica ossessione: più piccoli i robot diventano, più nascono nuovi, potenziali, campi di applicazione. Con il bonus aggiuntivo che dispositivi così piccoli sono anche molto più resistenti a danni e incidenti, e relativamente economici da costruire.

Roboapi

Grande la metà di una graffetta, per un peso inferiore a un decimo di grammo. E capace di volarenuotareposarsi sull’acqua, e presto anche di muoversi in gruppo come un vero sciame di insetti. Si chiama RoboBee, ed è un microrobot costruito nei laboratori di Harvard per rivoluzionare il campo dell’agricoltura, del monitoraggio ambientale e dei soccorsi. Il suo design è ispirato a quello di un’ape. Per ora i prototipi sono alimentati con un minuscolo filo elettrico, che ne limita l’utilizzo in situazioni reali. Ma presto – assicurano i suoi creatori – sarà in grado di superare questi limiti e spiccare (in senso figurato e non) finalmente il volo.

Robomosca

 

Nato dalla mente di uno dei creatori di RoboBeeRoboflie è ispirato alla biologia di una mosca, ma rimane il successore dell’ape robot sotto molti aspetti. La sua caratteristica principale è infatti la capacità di fare a meno di un’alimentazione diretta attraverso un filo elettrico, sfruttando al suo posto una cella fotovoltaica e un raggio laser. Puntando il laser contro il robot, questo inizia a battere le ali convertendo l’energia luminosa in elettricità. Anche in questo caso è presto per parlare di un robot utilizzabile in situazioni reali, perché al decollo il robot perde istantaneamente il contatto con il laser e si spegne. Ma è un passo in avanti importante: secondo i suoi sviluppatori presto sarà possibile alimentarlo utilizzando segnali radio o minibatterie portatili.

Mini capesante

 

Lunghe una frazione di millimetro, e capaci di nuotare autonomamente nei fluidi corporei come il sangue. Le mini-capesante presentate nel 2014 su Nature Communications da un team di ricercatori del Max Planck Institute for Intelligent Systems devono il loro nome alla peculiare strategia con cui si spostano. Utilizzano infatti una sequenza di movimenti chiamata moto reciproco, cioè un movimento simmetrico nel tempo, come può essere muovere le braccia in avanti e poi indietro in senso contrario. In acqua nuotando così rimarremmo sostanzialmente immobili, perché i due movimenti produrrebbero due spostamenti opposti ed uguali. Il sangue (come molti altri fluidi corporei) è però un fluido non newtoniano, la cui viscosità dipende cioè dalla forza che gli viene applicata. In un ambiente del genere, un nuotatore reciproco è in grado di spostarsi nonostante i suoi movimenti siano simmetrici nel tempo. La spiegazione del perché è complessa, ma quello che ci interessa è che viene descritta dal cosiddetto teorema della capasanta, da cui i microrobot in questione prendono il loro nome. Si tratta – spiegano i loro inventori – di uno schema generale su cui modellare futuri microrobot a scopo medico, capaci di nuotare autonomamente nel nostro corpo e svolgere una miriade di compiti differenti.

Robopillole

Una delle maggiori promesse della microrobotica in campo medico è quella di somministrare i farmaci direttamente dove possono essere più utili. Il modo più semplice è utilizzare una robo-pillola: una vera e propria compressa smart, capace di guidare i suoi spostamenti per raggiungere l’obbiettivo, e quindi inoculare il farmaco scelto nei tessuti. Una delle più avanzate già disponibili sul mercato si chiama Ranipill, ed è in grado di navigare all’interno dello stomaco fino a raggiungere l’intestino, dove permette di iniettare quanto desiderato senza che i pazienti sperimentino alcun tipo di fastidio.

Robotscarafaggio

 

In questo caso serve una certa fantasia per definirlo robot. Quella sviluppata dai ricercatori di Berkeley è fondamentalmente una lastra di polivinilidenfluoruro ricoperta con una sottile strato di un polimero elastico. Applicando della corrente elettrica, comunque, è capace di muoversi. E ha una caratteristica unica, che lo fa assomigliare a insetti resistenti come gli scarafaggi: è pressoché impossibile da distruggere. Nei test effettuati dai suoi inventori il piccolo “robot” è sopravvissuto dopo essere stato schiacciato da una persona di 60 chili. Una caratteristica molto utile in situazioni di emergenza, come nel caso di soccorsi in un’area terremotata. Prima di rendersi realmente utile, però, il robot scarafaggio dovrà imparare qualche trucco in più, perché al momento è in grado unicamente di muoversi e di sopravvivere se viene calpestato.

Fonte: Wired.it

Commenti