Una questione centrale è il fatto che, per mantenere il valore di criptovalute e token e guadagnarci sopra, i progetti web3 impongono una sistema di scarsità artificiale in un mondo – quello di internet – dove i contenuti sono teoricamente infiniti. O, per dirla con il programmatore Stephen Diehl, “stiamo passando dal mondo dell’abbondanza nel cloud computing, dove il costo del tempo di calcolo per persona era quasi ai livelli post-scarsità, al tentativo contrario di imporre una scarsità artificiale sulla risorsa più abbondante che l’umanità abbia mai creato. Questa è regressione, non progresso”.

Dal punto di vista tecnico, spiega Diehl, le reti basate sulla blockchain non possono crescere fino a raggiungere grandezze di scala senza assumere la stessa forma dei sistemi centralizzati e tendenti al plutocratico che, in teoria, si vorrebbero sostituire. E finiscono per costare molto di più. “Per creare un ipotetico Facebook decentralizzato ci sono diverse questioni logistiche ineludibili”, scrive poi il programmatore: “Chi pagherà per i data center globali per contenere i contenuti?Chi bandirà gli account dei nazisti? Chi eliminerà i contenuti pedopornografici? Chi reimposterà la password della nonna quando la dimentica? Gestire un’attività globale su questa scala richiede una quantità inevitabile di centralizzazione solo per il fatto duro e crudo di dover esistere e interagire con il resto della civiltà”.

La truffa è dietro l’angolo