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Dell’alga spirulina non si butta niente. E la si produce utilizzando il biogas

Dell’alga spirulina non si butta niente. E la si produce utilizzando il biogas

Tra gli alimenti del futuro ci sono gli insetti, tra quelli del presente c’è l’alga spirulina. Nella pianura padana, dove le piantagioni di mais e s

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Tra gli alimenti del futuro ci sono gli insetti, tra quelli del presente c’è l’alga spirulina. Nella pianura padana, dove le piantagioni di mais e soia per l’alimentazione animale in estate si perdono all’orizzonte, ora stanno sorgendo vasche per la coltura della spirulina. Ciò che è meno noto, è che il biogas gioca un ruolo essenziale nel sistema di economia circolare agroenergetico che ha il suo terminale nell’alga spirulina, una componente nota da tempo nell’alimentazione salutista come integratore ricco di proteine, sali minerali, omega-3, ferro e vitamine del gruppo B. Di origine tropicale, coltivata anche in Italia in vasche opportunamente riscaldate per essere mantenute alla giusta temperatura per consentire lo sviluppo algale, spirulina e biogas sono un binomio che entra di diritto nell’agricoltura 4.0.

A Castelvisconti, in provincia di Cremona ma a un passo da quella di Brescia, l’azienda Salera, agricoltori da generazioni, produce biospirulina con un’originale combinazione con un impianto di biogas sviluppato da Sebigas. «È tutto studiato per essere autosufficienti», spiega Enrico Maranesi, responsabile di Salera per il settore spirulina. «Cinque-sei anni fa, quando abbiamo iniziato, siamo stati pionieri in Italia, perché non c’erano impianti biogas-spirulina accoppiati. Gli scarti con i quali alimentiamo i digestori provengono dalle nostre coltivazioni estese su 200 ettari e dalle deiezioni di 5.300 suini destinati a prosciutto Dop. Abbiamo 635 chilowattora di potenza installata per una produzione di oltre 5 milioni di chilowatt/anno, oltre a una certa quantità di pannelli solari. Il biogas viene bruciato per produrre energia elettrica per alimentare gli impianti delle cascine . Il nostro problema, se così si vuole chiamare, è l’eccesso di energia termica che produciamo. In parte la utilizziamo per riscaldare la materia prima, che necessità di una certa temperatura per innescare la fermentazione anaerobica che poi produce il biogas stesso. In sostanza avevamo troppa acqua e troppo calda, che se l’avessimo dovuta riutilizzare avremmo dovuto raffreddarla. Così ci è venuto in mente che potevamo usarla per riscaldare le serre ».

La nuova generazione

Ma per coltivare cosa, le tradizionali fragole e pomodori? La nuova generazione arrivata alla guida dell’azienda ha pensato che si poteva intraprendere una strada innovativa: coltivare spirulina. Per vivere e svilupparsi la spirulina ha bisogno di due cose: acque dolci non stagnanti a temperatura di 32-34 gradi e luce. Le serre, quindi, devono essere chiuse, non intaccate da agenti atmosferici esterni, luminose e trasparenti, l’acqua di falda deve essere esente da impurità e deve essere mossa in continuazione per evitare che ristagni e le alghe ricevano tutte una giusta quantità di luce e di aria. L’alga spirulina, che in realtà è un cianobatterio, ha capacità fotosintetiche superiori alle normali piante: in pratica assorbe più CO2 e produce più ossigeno .

Vasche riscaldate

«Sotto ognuna delle quattro vasche di coltivazione della spirulina, per un totale di circa mille metri quadrati, c’è un impianto di riscaldamento a pavimento», spiega Roberto Salmaso, general manager di Sebigas, società che ha 80 impianti di biogas nel mondo. «L’energia termica da biogas non solo non viene dissipata nell’ambiente, ma serve per scaldare l’acqua di falda, depurata con un sistema di filtri a ghiaia. Diventa quindi una fonte di energia “verde” che alimenta una coltivazione bio e circolare». In estate non serve riscaldare molto, se non dopo il tramonto quando la temperatura scende e l’acqua delle vasche rischia di abbassarsi sotto la temperatura ottimale. D’inverno, invece, l’apporto del riscaldamento è costante e fondamentale, dato che nella bassa cremonese si arriva spesso sotto gli zero gradi.

La raccolta della spirulina

«In primavera-estate ogni due giorni la spirulina è pronta per essere raccolta, in inverno il raccolto avviene una volta alla settimana. In condizioni ottimali, in 100 metri cubi di volume delle vasche si raccoglie il 30-40 per cento di alga». Dopo la raccolta, un vibrovaglio separa la spirulina dalla parte acquosa. Quest’ultima non viene scaricata nell’ambiente ma reimmessa in vasca. La spirulina pressata assume la consistenza di una maionese verde, viene asciugata su telai e poi essiccata in un forno particolare a ciclo lento, alimentato con energia termica da biogas, che permette di avere un prodotto di qualità anche dal punto di vista organolettico. Infine ne esce una polvere che può essere venduta sotto forma di pastiglie, filamenti, o addizionata agli alimenti come pasta, biscotti e altro.

Fonte: Corriere della Sera

 

 

 

 

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