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La pandemia della mente: perché sono sempre di più le persone che soffrono di depressione

La pandemia della mente: perché sono sempre di più le persone che soffrono di depressione

La pandemia da Covid-19 è un’emergenza sanitaria mondiale che perdura da quasi due anni. Il morbo ha sintomi e manifestazioni cliniche precise ma, a c

La rivoluzione “psichedelica” della psichiatria
Il cervello ha “fame” di socialità
Il legame nascosto tra lavorare troppo e salute mentale

La pandemia da Covid-19 è un’emergenza sanitaria mondiale che perdura da quasi due anni. Il morbo ha sintomi e manifestazioni cliniche precise ma, a causa della rilevanza sociale assunta, non si limita a colpire chi viene infettato. Ci sono, in questo momento, due pandemie parallele : la prima riguarda la salute fisica mentre la seconda quella psicologica. Le limitazioni e le restrizioni imposte per contenere l’avanzata del virus hanno avuto e stanno avendo un costo psichico molto pesante. Fallimenti di attività commerciali, licenziamenti, crisi, sogni irrealizzabili e la vita quotidiana che si complica hanno aperto la strada alla depressione. Il male oscuro ha trovato terreno fertile nelle difficoltà, ha esacerbato condizioni pre-esistenti e si diffonde. Si tratta di una pandemia silenziosa ma non meno devastante dell’altra.

Il quadro di Lancet

Una revisione sistemica pubblicata su Lancet, che ha preso in esame decine di ricerche uscite nei mesi scorsi, ha confermato i timori espressi da molti addetti ai lavori. La prevalenza della depressione maggiore è cresciuta del 27,6 per cento in tutto il pianeta nel corso del 2020 a causa della pandemia. Si tratta di 53,2 milioni di nuovi casi che hanno riguardato più le donne (+30 per cento) degli uomini (+24 per cento) per motivi facilmente dimostrabili. Le donne hanno perso con maggiore frequenza il lavoro, hanno dovuto supportare maggiormente gli altri componenti della famiglia e sono anche state vittime di violenze domestiche. I giovani di età compresa tra i 20 ed i 24 anni sono stati i più colpiti a causa delle ricadute su socialità ed occupazione. I più piccoli, invece, hanno risentito molto della chiusura delle scuole.

Molte nazioni europee stanno sperimentando un forte aumento nella richiesta di prestazione legate alla sfera della salute mentale, tanto da parte di chi aveva problemi   prima della pandemia quanto da chi non li aveva mai sperimentati. ” Quello che abbiamo appreso” ha ricordato la dottoressa Natasha Azzopardi-Muscat, funzionario della branca europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “è che tutti sono vulnerabili” e che gli effetti del Covid-19 “sono simili a quelli del disturbo post-traumatico da stress”. La dottoressa ha chiarito come ci sia “ancora tempo per prevenire un radicamento delle conseguenze peggiori” assicurandosi che i disagi di chi è stato colpito meno degli altri siano temporanei e limitati ad una parte dell’arco vitale. “Il Covid-19” ha concluso la Azzopardi-Muscat “è problematico per tutta la società ma ha anche fatto riflettere su ciò che deve essere cambiato. La salute mentale può  paradossalmente, beneficiare da questa situazione”. La pandemia ha evidenziato come i servizi di cura della psiche nell’Unione europea abbiano carenze che devono essere colmate. Tra queste ci sono l’accesso a cure che siano economiche, di qualità ed erogate nei tempi corretti. Il personale sanitario è a corto di psichiatri ed assistenti sociali mentre i pazienti, in molti casi, non ricevono le informazioni corrette.

Un quadro preoccupante

Armando Cozzutto, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania, ha lanciato un pesante monito sul futuro affermando, come riportato dalla Fondazione Veronesi, che “Il servizio sanitario nazionale si deve preparare agli effetti psicologici derivanti dalla pandemia, sintomatologie come ansia e depressione finora contenute dal contesto emergenziale stesso ma pronte a manifestare i loro effetti a lungo termine”. Ad essere attenzionate, secondo Cozzutto, devono essere in primo luogo le fasce più fragili della popolazione come bambini, adolescenti, anziani e persone con disabilità. La pandemia può generare un forte disagio emozionale perché si tratta di un evento traumatico portatore di stress disfunzionale. La fragilità e l’incertezza, che in in alcuni casi possono portare all’ipocondria, hanno una base razionale di fondo che viene, però, espansa in maniera esagerata da parte di chi ne soffre. L’isolamento sociale produce cambiamenti fisiologici e sociali come la riduzione dell’attività fisica, modifiche nell’alimentazione, nell’esposizione alla luce solare, riduzione dei rapporti interpersonali e ridotta acquisizione delle competenze sociali. Questi fattori possono portare allo sviluppo di ansia e depressione, rinforzate dagli stimoli negativi esterni come l’allarmismo spesso generato da alcuni media.

Fonte: Insideover.it

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