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Divulgazione scientifica 4.0: il whitepaper della fondazione Roche

a Fondazione Bruno Leoni ha voluto presentare il foglio bianco su “La ricerca biomedica e il rapporto tra pubblico e privato”, prodotto dalla Fondazione Roche. Si tratta di un documento in cui si coniugano tutti gli aspetti più rilevanti, le criticità e le potenzialità del tema della partnership pubblico-privato

Divulgazione scientifica 4.0: il whitepaper della fondazione Roche

La Fondazione Bruno Leoni ha da poco pubblicato un podcast per chi si occupa di ricerca o fa giornalismo scientifico, nel quale Carlo Amenta e Carlo S

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La Fondazione Bruno Leoni ha da poco pubblicato un podcast per chi si occupa di ricerca o fa giornalismo scientifico, nel quale Carlo Amenta e Carlo Stagnaro, ossia le due voci principali del progetto divulgativo #Leonifiles, presentano un white paper su “La ricerca biomedica e il rapporto tra pubblico e privato” promosso dalla Fondazione Roche e coordinato da Gualberto Gussoni e Sergio Scaccabarozzi.

Tra gli autori del foglio bianco, disponibile sul sito della Fondazione, vi sono anche Luca Pani, professore di farmacologia clinica a Reggio Emilia e psichiatria clinica a Miami, e l’avvocato Alessandro De Nicola, presidente di The Adam Smith Society e della Oxbridge Society, entrami coinvolti nella presentazione della  Leoni. Il dibattito animato da Amenta e Stagnaro, che riescono sempre a creare un’alchimia fantastica tra contenuti di spessore e capacità divulgativa, ha visto pure la partecipazione di Francesco Frattini, segretario generale della Fondazione Roche. Frattini, in prima battuta, ha fatto presente come uno dei cardini della mission di Fondazione Roche sia sempre stato, e continui ad essere, il sostegno alla ricerca indipendente. Un sostegno che si concretezza in molti modi: soprattutto nei bandi per la ricerca che vengono pubblicati ogni anno da Roche in partnership con enti terzi, e nelle borse di studio che la Fondazione eroga sistematicamente.

Già nel 2019 Roche, in collaborazione con Fadoi (società scientifica di medicina interna) ha prodotto un primo libro bianco sulla ricerca indipendente, in cui venivano accessi i riflettori sui fattori che favoriscono o sfavoriscono la ricerca italiana. Ad esempio, si parlava di una normativa sul conflitto d’interessi emanata all’epoca, che avrebbe pregiudicato la qualità e la quantità della ricerca. Grazie al dibattito promosso dalla Fondazione, in sede politica si riuscì infine ad aggiustare il tiro, quasi provvidenzialmente, considerato che di lì a poco sarebbe scoppiata una pandemia che in pochi potevano prevedere, ma che solo una ricerca ampia e solidamente avviata ci avrebbe aiutato a fronteggiare.

La prova che la collaborazione pubblico-privata è la chiave per il miglioramento e il potenziamento del Sistema Salute è rappresentata dagli innumerevoli esempi in cui una soluzione terapeutica si è trovata soltanto all’interno di questo quadro di intesa. Un esempio per tutti: i monoclonali (un tema di cui, purtroppo, si parla sempre poco). Anche quest’anno Roche e Fadoi hanno voluto offrire al paese un documento utile in sede decisionale, nel quale sono emersi alcuni dati che devono essere raccontati, considerati, utilizzati con intelligenza.

La piaga italiana della burocrazia, l’incomunicabilità dei dati pubblici sulla salute, e tante altre criticità sono state descritte con accuratezza. Come ha fatto notare De Nicola, esistono pure, e ancora, problemi legati a un atavico pregiudizio reciproco tra pubblico e privato. Di fronte alle disparità enormi tra le regioni italiane, ha detto De Nicola, superare questo elemento di pregiudizio, nella pratica, sarebbe già di per sé un passo fondamentale. Esiste innegabilmente una disorganizzazione strutturale della pubblica amministrazione, che nel campo della ricerca medica si trasforma non di rado in una stagnazione, o peggio, una dispersione di fondi imperdonabile.

Anche per il finanziamento della ricerca medica dovrebbe valere quello che vale in generale per i fondi europei, ossia la loro “profittabilità” (altrimenti i finanziamenti si trasformano immediatamente in fondo perduto), e questo richiederebbe da parte dello Stato un’attenzione maggiore verso quelle imprese che hanno già dimostrato di essere in grado di creare valore e attirare investimenti. Lo Stato ad oggi fa fatica a scegliere come canalizzare i suoi finanziamenti, perché fa fatica a monitorare i risultati e a puntare sull’alleato vincente. Pani, da parte sua, ha sottolineato come in Italia esista un problema storico nell’alleanza pubblico-privato. Mentre la partnership pubblico-privata coincide con la nascita degli Stati Uniti d’America, e quindi caratterizza da sempre e in modo fisiologico la vita del Paese, in Italia la storia è completamente distinta, e nel presente la mancanza di una norma in questo ambito dice un ritardo che significa arretratezza e mancato sviluppo.

Il pubblico può e deve investire in progetti innovativi, ma il privato è da sempre la sentinella dell’innovazione. Pani ha voluto sottolineare che per il pubblico è importante diversificare gli investimenti, ed è proprio la diversificazione a poggiare sulla fiducia nelle capacità produttive dei privati, chiamati a concretizzare e organizzare, dopo averli riconosciuti, gli ambiti d’innovazione. La partnership pubblico privata mira alla sostenibilità dell’innovazione, in una logica di fiducia reciproca che è l’unica in grado di sostenere e garantire lo sviluppo del sistema salute, come mostrano tutti i dati economico-sanitari di cui disponiamo. In Europa abbiamo avuto problemi con le terapie geniche non rimborsate – ha ricordato Pani- queste terapie se ne sono tornate in America, dove vengono utilizzate e garantiscono delle prestazioni eccellenti e un livello di cura decisamente alto. Non ci si può permettere di creare disagi del genere a livello europeo. Come facciamo a giustificare differenze di questo tipo? Se davvero l’Europa ricerca l’innovazione e la partnership pubblico-privata, deve favorire la ricerca indipendente creando le condizioni nelle quali il privato può investire con serenità.

Dopo aver ascoltato un podcast così stimolante siamo andati, naturalmente, a leggere il foglio bianco che vi invitiamo a consultare. Si tratta di un lavoro davvero complesso e completo, che declina il tema in una sintesi di prospettive assolutamente efficace. Dalla geopolitica all’economia, dalle policy sanitarie alle regolamentazioni nazionali e internazionali, il rapporto pubblico-privato nella ricerca biomedica viene sviscerato in modo puntuale, comprensibile, e approfondito.

La conclusione che se ne può trarre è che questo rapporto non è da intendersi solo a livello finanziario, ma anche come contaminazione culturale e di obiettivi, che nella ricerca biomedica sono chiamati a trovare una sintesi, perché il fine ultimo sia davvero quello della salute dell’individuo e della comunità.

Fonte: Formiche.net

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