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Intelligenza artificiale: nei campi di battaglia e per la sicurezza

Intelligenza artificiale: nei campi di battaglia e per la sicurezza

Sempre più spesso, quasi quotidianamente, si viene a conoscenza che in un qualche particolare settore sia stato realizzato un qualcosa di nuovo e di i

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Sempre più spesso, quasi quotidianamente, si viene a conoscenza che in un qualche particolare settore sia stato realizzato un qualcosa di nuovo e di innovativo impiegando quella che viene definita “Intelligenza Artificiale”(I.A.), una disciplina che viene dottrinalmente inserita nell’informatica ma che in realtà si basa sulla convergenza, come si vedrà, di diverse altre discipline.

In via preliminare, occorre sottolineare che l’I.A. ha prodotto una vera e propria rivoluzione tecnologica che investe praticamente ogni settore delle attività umane, dall’ambito professionale a quello industriale, da quello commerciale a quello ricreativo. Attualmente, infatti, non vengono realizzati unicamente costosissimi prototipi, che richiederanno ancora molti anni di studi e ricerche per giungere ad un possibile impiego, ma vengono anche prodotti apparati ed apparecchiature che, a breve, potrebbero già essere ampiamente diffusi e diventare quindi una comune realtà quotidiana per tutti, come per esempio la cosiddetta “living technology” o la “domotica della casa”. Senza tralasciare il fatto che molti oggetti già di uso comune (es. il telefono cellulare, non a caso chiamato “smartphone”), sono da tempo dotati di “unità” di I.A. al proprio interno.

Tra i numerosissimi settori che già si avvalgono ampiamente della I.A., è presente, a pieno titolo, la “Robotica”, ora intesa come una vera e propria Disciplina a se stante ma che si avvale dell’apporto significativo di molte altre “discipline” quali l’ingegneria robotica, l’elettronica, l’automazione, l’informatica, la cibernetica, la telematica e la meccatronica.

Un’analisi storica del fenomeno sarebbe troppo lunga e dispersiva ma si può ragionevolmente affermare che i primi significativi risultati applicativi “Robotica-I.A.” si sono avuti nell’ambito delle varie attività aerospaziali e missilistiche già negli anni ’80. Tralasciando ora, ovviamente, tutta la numerosa e diversificata tipologia di umanoidi relegati per il momento al mondo della Fantascienza (Automi, Robot, Cyborg e Replicanti), è necessario comunque ricordare che un Robot (da “robota”, parola ceca che significa “lavoro pesante”) è sostanzialmente una macchina (con qualsiasi tipo di fattezze, compresa quella umana) in grado di svolgere un compito automatizzato per effetto di una programmazione. Tuttavia, se tale robot è dotato di una I.A. di livello avanzato può essere in grado di svolgere il proprio compito in totale autonomia decisionale senza alcun intervento o controllo umano. Per inciso, in tale contesto il concetto di “autonomo” (in contrapposizione con “radioguidato”, “teleguidato”, “filoguidato” vale a dire “semi-autonomo” in quanto ricettore di una forma di “comando a distanza”) può avere due significati diversi, ovvero a seconda che una determinata “apparecchiatura” sia vincolata/soggetta o meno ad una programmazione. Infatti una apparecchiatura autonoma, dotata però di A.I., è in grado di “acquisire” in continuazione informazioni dall’ambiente circostante esterno tramite i propri “organi rilevatori” (i suoi vari sensori), di “confrontare” tali informazioni con il proprio enorme bagaglio di dati interni (i “big data”), di “processarle”, ovvero di interpretarle e valutarle correttamente, quindi di “pensare” autonomamente (ovvero di decidere) in via non programmata e infine di “agire” di conseguenza modificando le proprie azioni, fornendo delle reazioni corrette agli stimoli esterni in modo continuativo e in “totale autonomia decisionale”. Tale capacità viene riconosciuta come una vera e propria “forma di capacità cognitiva” dell’apparecchiatura stessa, che risulta così essere in grado di gestire una situazione esterna continuamente mutevole grazie all’impiego di particolari strutture funzionali, quali le reti neurali, e di strutture logiche particolarmente avanzate.

Si è sostanzialmente passati da “macchine non intelligenti” che agiscono in modo intelligente (in quanto programmate) a “macchine intelligenti” che agiscono in modo intelligente e senza (teoricamente) alcuna ingerenza esterna. Nell’arco degli ultimi 20 anni la I.A. è stata oggetto di un velocissimo progresso tecnologico che ha consentito numerose applicazioni nei più svariati settori delle attività umane grazie alle recenti elevatissime capacità acquisite in campo informatico e cibernetico:

  • velocità di calcolo (si è passati da 1 operazione al secondo, nel secolo scorso, a 39 milioni di miliardi di operazioni al secondo nel 2018);
  • capacità di calcolo (numero di operazioni contemporanee);
  • capacità elevatissima di immagazzinamento di dati e di informazioni;
  • disponibilità di sensori sempre più sofisticati e precisi;
  • ampia cinestesia (capacità di impiegare ed integrare più sensori contemporaneamente);
  • elevata precisione dei servomeccanismi asservibili;
  • sfruttamento mirato dei risultati acquisiti nell’ambito delle nanotecnologie;
  • elevata sicurezza cibernetica;
  • grande riduzione di consumo energetico (con riduzione di volume e peso delle batterie).

Nel merito, non solo le grandi compagnie multinazionali tecnologiche, come le famose “Quattro Grandi” occidentali (GAFA: Google, Amazon, Facebook, Apple) o le corrispettive “Quattro Grandi” orientali (BATX: Baidu, Alibaba, Tencent, Xiaomi), hanno investito ingenti quantità di denaro in grandi progetti, ma anche altri centri di eccellenza tecnologica …ed un certo numero di strutture industriali definite “ad alta tecnologia” (e delle quali sono state volutamente divulgate solo le finalità commerciali). Al riguardo, non si può non menzionare comunque il Giappone, da sempre affascinato dalla realizzazione di robot con fattezza antropomorfe, che sta realizzando una vasta gamma di modelli di robot per le più disparate esigenze, dai più evidenti “pupazzi-robot” (gli “Animatroni”) ai più sofisticati ed impressionanti Androidi (con fattezza da uomo) e Ginoidi (con fattezze da donna) creati dal famoso prof. Hiroshi Ishiguro (foto).

Per quanto riguarda invece il settore militare, si fa risalire la cosiddetta “Corsa all’Intelligenza Artificiale con finalità belliche” all’anno 2010, anno in cui si era sostanzialmente materializzato un gruppo formato da 6 Nazioni in competizione, ovvero Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Cina, Corea del Sud e Israele, a cui si sono poi aggiunti anche il Giappone, l’Olanda, l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti… per quel che se ne può sapere al momento. Di fatto, il Ministero della Difesa U.S.A., per riunire le proprie capacità tecnico-militari in ambito “I.A.” e per contrastare i notevoli progressi raggiunti dagli altri Paesi, ha costituito in data 27 giugno 2018, per una sua piena operatività dal 1°gennaio 2019, il “Centro Interforze per l’Intelligenza Artificiale” (JAIC – Joint Artificial Intelligence Center).

L’idea di poter inviare in battaglia mezzi privi di presenza umana a bordo o di poter impiegare robot umanoidi (ovvero gli Androidi) al posto dei soldati in carne ed ossa non è certamente nuova. Naturalmente si è ancora lontani dal poter creare delle infaticabili macchine da guerra per sostituire o rimpiazzare gli umani in prima linea o in attività belliche ad elevato rischio. In ogni caso un grosso balzo in avanti è avvenuto quando è stato deciso di elevare il livello tecnologico dei Droni (tecnicamente chiamati “Vehicles”), ovvero quei mezzi costruiti per poter essere impiegati, a seconda della propria specifica tipologia, in attività militari in cielo, in terra, o in mare (ma anche sotto la superficie del mare) e in grado di operare senza uomini a bordo (per l’appunto “Unmanned”).

Partendo quindi dai Droni, adeguatamente implementati con la I.A., si sono potuti creare dei nuovi “Dispositivi” in grado di poter “prendere una decisione e di agire” in un modo totalmente autonomo, ovvero in modo indipendente da un eventuale controllo umano remoto. I nuovi robot con finalità belliche presentano ormai una vasta gamma di tipologie che spaziano da costosissimi prototipi con fattezze androidi a dispositivi robotizzati terrestri, aerei, di superficie e subacquei che potrebbero già essere facilmente realizzati su vasta scala industriale. Alcune applicazioni della “robotica militare” forniscono già da ora delle prestazioni tattiche di estremo rilievo ma, essendo ad alta classifica di segretezza, non vengono ovviamente pienamente divulgate. In termini generali, tuttavia, si può affermare che i robot militari totalmente autonomi (senza controllo, con controllo opzionale o con controllo limitato solo all’azione di fuoco) presentano quattro principali configurazioni:

  • da normale drone (veicoli, velivoli natanti di varie dimensioni con differenti capacità operative);
  • da robot umanoide (con fattezze umane, in grado di effettuare un “percorso di guerra”, affrontando ostacoli, correndo, saltando e sparando a dei bersagli);
  • da robot animaloide (con fattezze animali come squali, razze, tonni per la sorveglianza subacquea oppure gatti selvatici, bisonti e muli per il trasporto sia di carichi pesanti come mortai, casse di munizioni, apparecchiature che di carichi più delicati come i feriti);
  • con la forma ritenuta più funzionale per l’assolvimento della specifica missione (es. la “sfera per ricognizione anfibia”, in grado di flottare sulla superficie del mare, di muoversi verso terra e di rotolare sulla spiaggia e su basse dune).

Al momento i robot realizzati per finalità militari possono assolvere diversi compiti e compiere varie missioni quali: sorveglianza, sorveglianza armata, vigilanza, ricognizione, pattugliamento, rastrellamento, trasporto logistico, “avvicinatori” di truppe, evacuazione di truppe e feriti, inutilizzazione di ordigni esplosivi, sminamento, attività di protezione delle forze operative, attività di controllo, attività di difesa delle installazioni nonché, quando necessario o previsto, l’ingaggio del nemico con le armi da fuoco.

Tra i tanti, merita una particolare menzione il Sentry Gun/Killer Robot “SGR-A1” della Hanwha Aerospace (ex Samsung Techwin), proficuamente impiegato in Corea del Sud per il controllo del confine lungo la zona demilitarizzata. E’ un robot fisso (ma pare esista anche una versione mobile non pubblicizzata) dotato di molti sensori integrati (infrarossi, camera termica, intensificatore di luce…) in grado di individuare eventuali intrusi sia di giorno che di notte nel settore assegnato, impartire ordini agli sconosciuti, eseguire le procedure di riconoscimento e, se necessario, (a seguito di autorizzazione da parte della centrale operativa da cui dipende) aprire il fuoco con una mitragliatrice Daewoo K3 (cal. 5.56x45mm.) e/o con un lanciagranate multiplo Milkor MGL (cal. 40x51mm). In buona sostanza il fatto di rendere totalmente autonomo l’impiego delle armi da parte di un robot non è più un problema tecnologico ma quasi eminentemente etico. Emergono così gli aspetti politici, legali, morali e filosofici al contorno della questione che fanno inevitabilmente scaturire una serie di domande:

  • si può impiegare un robot intelligente in battaglia e fargli decidere, in piena autonomia, se aprire il fuoco, ed uccidere, basandosi unicamente sui parametri, sui criteri etici, sulle regole di ingaggio, sulle leggi di guerra e sulle leggi di diritto umanitario immagazzinate in una sua memoria di riferimento?
  • quali azioni sono ipotizzabili per non incorrere in crimini di guerra e sino a che punto è autorizzabile l’uso letale della forza?
  • in caso di reazione ad una minaccia, il suo processo decisionale deve privilegiare una reazione immediata o una reazione deliberata?
  • quali criteri possono essere impiegati affinché sia possibile poter discriminare, da parte del robot, un essere umano “combattente” da un essere umano “non combattente”?
  • in caso di cattura, il robot potrebbe essere riprogrammabile dal nemico o da organizzazioni terroristiche?
  • in caso di cattura, il robot può capire di essere stato catturato ed autodistruggersi per evitare di essere “riprodotto e perfezionato” dal nemico attraverso la “reverse engineering”?
  • è ipotizzabile prevedere che il robot, per l’appunto “non umano” (e quindi con scarsa possibilità di fare appello ad un senso di umanità), possa essere dotato di un software che agisca da “moderatore etico e morale” (come stabilito dalle “3 leggi della robotica” formulate da Asimov)?
  • in quali teatri operativi ed in quali tipologie di missioni potrebbero essere impiegati come “assetti pregiati” al posto dei militari?

A tali domande potranno essere fornite delle giuste ed esaustive risposte solo se i molti “argomenti al contorno” verranno adeguatamente approfonditi nelle sedi opportune e da seri professionisti, civili e militari, in grado di sviluppare gli aspetti tecnologici e operativi senza dimenticare quelli etici e morali.

Fonte: Difesaonline.it

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