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Quando sono gli animali a essere obesi (per colpa degli umani)

Quando sono gli animali a essere obesi (per colpa degli umani)

Migliaia di uccelli sorvolano il cielo di Roma. D’improvviso smettono di librarsi, cercano cibo in strada e zampettano fra la folla come fossero pas

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Migliaia di uccelli sorvolano il cielo di Roma. D’improvviso smettono di librarsi, cercano cibo in strada e zampettano fra la folla come fossero passanti qualsiasi. I movimenti rallentati, incapaci di qualsiasi scatto, goffi e appesantiti. È avvenuta la loro trasformazione in gabbiani e storni terricoli: Ciccioni pennuti, come scrive Sara Marullo nell’omonimo libro (Ag Book Publishing) per ragazzi, ma adatto anche agli adulti. Il racconto fantastico, ma neanche troppo, ha forti risvolti nell’attualità: gli effetti sulle specie animali dei cattivi comportamenti dell’uomo.

Conosce bene il tema Papik Genovesi, zoologo ed esperto di conservazione delle specie animali, ricercatore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Tra i massimi conoscitori delle cosiddette « specie aliene invasive», collabora con l’Unione mondiale per la conservazione della natura e con la Convenzione delle Nazioni Unite per la biodiversità. «Se gli animali vivessero nei loro ambienti non sarebbero mai obesi – osserva -. In natura l’obesità non può esistere, perché un uccello che vola male o è impacciato diventa una facile preda per le altre specie cacciatrici. Se mettiamo a disposizione di ratti e cinghiali grandi quantità di cibo molto elaborato facciamo del male a loro e mettiamo in pericolo noi stessi: le scorribande dell’orso Carrito per le vie di Roccaraso non devono essere interpretate come una divertente curiosità, così non lo sono le volpi in fuga nei comuni della zona di Pescasseroli, bersagli delle auto che percorrono l’autostrada ad alta velocità».

L’informazione è fondamentale, avverte Genovesi: «In America si usa avvertire i visitatori dei parchi con cartelli dalla scritta: “Chi dà da mangiare a un orso lo uccide”. Potrebbe essere anche in Italia un deterrente. A piazza San Marco a Venezia è da qualche tempo vietato offrire cartocci di semi ai piccioni. I turisti sono avvisati con numerosi totem. In Gran Bretagna la questione si ripropone con i ricci». Gli ormai famosi pingui cinghiali capitolini? «Non sono solo un fenomeno romano, ma un serio problema per un centinaio di città italiane, da Genova, a Isernia, Trieste e Bari» fa notare Papik. «Ora che le città diventano più verdi, ed è una fortuna, e c’è un aumento di sensibilità verso l’ambiente – conclude Genovesi – occorre essere informati correttamente su come convivere con le nuove sfide della biodiversità».

Fonte: Corriere della Sera

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