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Boom logistica: sul mare fuochi d’artificio tra noli, utili e shopping

Stagione d’oro per la logistica via mare: dall’inizio della pandemia le tariffe per il trasporto merci sono cresciute di cinque volte – Tre deal miliardari in meno di venti giorni

Boom logistica: sul mare fuochi d’artificio tra noli, utili e shopping

Dal gennaio del 2020, quando la pandemia era agli inizi, le tariffe per trasportare un chilo di merce via mare sono cresciute di cinque volte, fino a

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Dal gennaio del 2020, quando la pandemia era agli inizi, le tariffe per trasportare un chilo di merce via mare sono cresciute di cinque volte, fino a superare il tetto dei 10 mila dollari per container. L’aumento provocato dalla congestione dei porti, dal blocco di Suez e dalla penuria di container disponibili ha già avuto un impatto rilevante sui costi del trasporto (+11%) e sullo stesso livello dell’inflazione: in media +1,5% sui prezzi al consumo. Un rialzo che colpisce soprattutto i Paesi poveri, i più esposti all’andamento dei noli. Ecco l’effetto dei famigerati “colli di bottiglia”, dalla crisi provocata dall’incidente di Suez, appena superato, agli ingorghi del porti della California, ancora in emergenza. Fino ai problemi di Rotterdam, in attesa di ricevere il gas naturale Usa per compensare la chiusura dei gasdotti di Putin.

Ma, come sempre capita, nelle stagioni di crisi non mancano i vincitori. I giganti della logistica dei mari si avviano al Capodanno con alcuni botti epocali e l’ambizione di sbarcare a terra e volare nei cieli, come dimostrano i tre deal miliardari in meno di venti giorni.

Il 20 dicembre Msc, il gruppo guidato dal salernitano Gianluigi Aponte da Ginevra, ha sottoscritto il preaccordo per l’acquisto della rete logistica controllata in Africa dal gruppo Bolloré per 5,7 miliardi di euro. Non solo di porti si tratta, ma, ancor più preziosa, è la rete ferroviaria e il sistema di terminal che, spiegano al quartier generale del gruppo, “ci consentiranno di garantire se necessario la priorità alle nostre navi favorendo una miglio gestione della catena di approvvigionamento”. Per questo Msc, che già conta 62 terminal in giro per il mondo, ha accettato di pagare una valutazione ben superiore ai 3 miliardi ipotizzati quando il finanziere bretone si è deciso a vendere.

La logica delle operazioni è la medesima: “I porti oggi non sono così efficienti come vorremmo – dichiara Skou – Di qui la necessità di recuperare flessibilità con soluzioni integrate”. La stessa filosofia enunciata da Aponte per l’Italia: “bisogna sviluppare di più una rete di interporti, collegati via ferrovia e localizzati ogni 150 chilometri dalla destinazione finale delle merci. Così viaggerebbero su gomma solo per tragitti brevi mentre le lunghe percorrenze verrebbero effettuate da treni”.

Insomma, i giganti del mare vivono una stagione con il vento in poppa. Forti anche di privilegi accumulati in anni meno prosperi. O di singolari guarentigie. Il progetto di riforma fiscale dell’Ocse che prevede una global minimum tax del 15% sulle multinazionali con un giro d’affari superiore a 750 milioni non si applica al mondo del trasporto via nave.

Fonte: Firstonline.it

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