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Chi sono e cosa fanno i commercialisti visual, i medici ambientali e i citizen technologist

Crisi e pandemia impongono cambiamenti anche alle professioni più tradizionali. Ecco tutte le figure emergenti, tra percorsi compatibili con gli Ordini e incognita abilitazioni

Chi sono e cosa fanno i commercialisti visual, i medici ambientali e i citizen technologist

«Futuristi», smart mobility designers, visual advisors, medici clinici ambientali e citizen technologist. Professioni diverse che hanno

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«Futuristi», smart mobility designers, visual advisors, medici clinici ambientali e citizen technologist. Professioni diverse che hanno un comune denominatore: sono l’evoluzione di figure del passato che, per guardare al futuro, hanno dovuto accelerare e aprire il proprio orizzonte. Perché se il cambiamento, nel mondo del lavoro, c’è sempre stato, non è mai stato così veloce. La rapidità di pensiero, strategia e azione è l’elemento vincente anche per i professionisti. Sostenibilità, mutamento climatico, pandemia, guerra e crisi energetica sono sfide cui occorre rispondere con prontezza.

I professionisti del futuro sono comunque professionisti che hanno un Ordine di riferimento (anche se non in tutti i casi hanno sostenuto l’esame di abilitazione): avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, medici. Lavoratori autonomi o dipendenti che sono andati al di là della formazione accademica, attraverso la partecipazione a master o a corsi di formazione privata. Nessuna di queste nuove competenze è una vera e propria professione a sé stante: anche se forse lo diventerà.

«A differenza del passato, oggi la laurea non è un traguardo di arrivo, ma di partenza», considera Michele Di Blasio, ceo della società di formazione Lacerba.io. «L’evoluzione delle tecnologie e il mutare dei contesti richiedono una capacità di adattamento che stride con i tempi lunghi della formazione accademica. La formazione va in parallelo con il lavoro».

I commercialisti «visual»

«Anche sulla spinta del Pnrr, molte competenze si apprendono fuori dalle aule, partecipando a iniziative pratiche, per capire davvero il potenziale dell’applicazione tecnologica alla professione o l’importanza di un approccio interdisciplinare», spiega Paolo Biancone, docente di Economia aziendale all’Università di Torino. «Così formiamo i visual advisor, esperti di bilanci, spesso commercialisti, che lavorano non solo con i numeri, ma con la loro rappresentazione figurativa». Il Dipartimento ha creato una metodologia per i bilanci «pop», illustrati e per questo leggibili anche dai non addetti ai lavori. Così, per esempio è stato ripensato il bilancio del Comune di Bari. Altro esempio di formazione specialistica riguarda i cosiddetti citizen technologist, economisti non informatici che negli studi hanno l’importante ruolo di favorire l’applicazione di strumenti digitali al servizio dei clienti o per snellire processi contabili e di revisione».

L’evoluzione della medicina

Motore dell’evoluzione è il cambiamento di scenario. Che sta favorendo la diffusione in Italia di figure che prima non esistevano. La pandemia, per citare la situazione classica, sta spingendo la medicina. Non solo sul fronte della ricerca. «In futuro, il medico di medicina generale o lo specialista sarà un medico ambientale clinico, – racconta Antonio Maria Pasciuto, presidente di Assimas, l’associazione italiana di medicina ambiente e salute – esperto di epidemiologia, diagnosi e terapia di nuove patologie emergenti, risultato degli inquinamenti fisici, chimici e ambientali cui tutti, quotidianamente, siamo sottoposti. In Italia questa disciplina, a differenza che in Germania, non è ancora presente nelle università, ma può essere approcciata attraverso specifici corsi post-laurea, fra cui il nostro. Una formazione, peraltro, che non riguarda solo gli operatori sanitari, ma anche gli architetti o gli avvocati, che saranno chiamati in causa sullo studio delle interazioni fra uomo e luogo in cui vive».

Specialisti di smart city

«Gestire al meglio l’evoluzione della città implica formare nuove figure», spiega Domenico Lanzilotta, direttore editoriale di City Vision, il network che accompagna la trasformazione intelligente dei territori. «Open data, cybersecurity, manutenzione predittiva sono, in particolare, le tre aree di interesse su cui occorre investire». Proprio sulla smart city, laddove la formazione non arriva dagli atenei o dalle scuole anche private, scendono in campo le aziende. «La mobilità per le città intelligenti – spiega Teresio Gigi Gaudio, cofondatore di Icona Design Group – ha bisogno di professionisti in grado di lavorare come mobility designers. In Cina o in Nord Europa figure già affermate, ma in Italia c’è un gap di competenze che ci ha indotto a far nascere presso lo Ied di Torino il master in “Advanced Design and Intelligent Mobility” che insegna a calare i prodotti che si sviluppano all’interno dell’ecosistema in cui dovranno funzionare».

Fonte: Il Sole ore

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