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Non basta un Aulin sociale

Nel IX rapporto sulla povertà sanitaria il Banco Farmaceutico dichiara che circa 600mila cittadini quest’anno non hanno potuto acquistare i medicinali necessari

Non basta un Aulin sociale

Nel suo IX rapporto sulla povertà sanitaria il Banco Farmaceutico dichiara che circa 600mila cittadini quest’anno non hanno potuto acquistare i medici

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Nel suo IX rapporto sulla povertà sanitaria il Banco Farmaceutico dichiara che circa 600mila cittadini quest’anno non hanno potuto acquistare i medicinali necessari. Rispetto al rapporto 2020 il numero è in aumento di oltre 160mila persone: tenuto conto della densità media delle città italiane è come se un’intera città di media grandezza si fosse trasformata in una città di poveri.

L’aumento è ovviamente dovuto al Covid-19, certo: ma siccome la pandemia è qui tra noi da qualche mese, altrettanto ovviamente si poteva pensare a come far fronte anche a questa emergenza.

600mila cittadini significa circa l′1% della popolazione, anzi, del popolo – tanto per sottolineare il fatto giuridico, il diritto soggettivo alla salute. Ed effettivamente il nostro sistema sanitario è universale, è di tutti e per tutti. Eppure il rapporto mette in luce come oltre il 42% della spesa farmaceutica sia a carico delle famiglie, dei cittadini, del popolo. In una condizione di normalità la spesa media sanitaria mensile è di circa 61 euro. In una condizione di povertà la spesa media sanitaria mensile si riduce a circa 10 euro. Facendo due conti potremmo dunque affermare che ogni anno una famiglia media italiana spende mediamente oltre 700 euro in sanità, per la più parte in farmaci, poi in spese dentistiche e poi tutti gli altri servizi.

Dicevamo che la maggior povertà si concentra nell′1% del popolo. È vero. Ma le difficoltà riguardano tutti i residenti, poveri e non poveri: nel 2020 il 15,7% delle famiglie italiane (stiamo parlando di 4 milioni di famiglie ossia più di 9 milioni di persone) ha risparmiato sulle cure, limitando il numero delle visite e degli accertamenti o facendo ricorso a centri diagnostici e terapeutici più economici. Hanno fatto ricorso a una di queste strategie 33 famiglie povere su 100 e 14 famiglie non povere su 100.

Anche questi sono dati che fanno riflettere, sia perché sono molto consistenti in termini di numero sia perché la salute è di solito considerata la prima necessità sulla quale non si risparmia. Non essere in grado di far fronte alle priorità è allora una chiara manifestazione di fragilità delle famiglie del nostro Paese. Il sistema sanitario ha mediamente risposto bene, ma risponde meglio quando valorizza il ruolo sussidiario del Terzo settore: i dati infatti migliorano nelle aree dove i soggetti della società civile sono coinvolti nella co-progettazione del welfare locale o anche semplicemente nella collaborazione.

Come concludere? Possiamo sottolineare almeno tre cose. La prima è anche questi dati ci ribadiscono ancora una volta come il Covid-19 abbia inciso profondamente sulla povertà: chi era già povero è stato spinto in una condizione di ulteriore marginalità e chi era border line è stato spinto in una condizione di indigenza. La seconda è che sul contrasto alla povertà occorre riprendere un ragionamento politicamente più sereno per riformare quanto c’è – ossia il Reddito di cittadinanza – tenendo conto della realtà e con piena volontà di arrivare ad una soluzione: così le cose non vanno ancora bene. La terza – permettete una piccola nota polemica – riguarda la nota battuta di Giorgia Meloni sul RdC come “metadone di Stato”. Sicuramente non si rendeva conto della realtà della povertà in Italia, ma inconsapevolmente riconosceva la necessità di una cura, di un “farmaco”. Per contrastare la povertà serve qualcosa di più di un Aulin sociale. Però servirebbe già a qualcosa per poter dar sollievo ai dolori e avere qualche farmaco di più.

Fonte: Huffpost.it

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