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Ryanair al posto di Alitalia: una sfida vinta con la finanza

Ryanair al posto di Alitalia: una sfida vinta con la finanza

La società irlandese è ormai leader nazionale. Grazie a politiche di bilancio, trading sugli aerei e plusvalenze Sgomberiamo il campo da un possibi

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Ryanair

La società irlandese è ormai leader nazionale. Grazie a politiche di bilancio, trading sugli aerei e plusvalenze

Sgomberiamo il campo da un possibile equivoco: Alitalia e Ryanair non sono (più) concorrenti. I nuovi piani di sviluppo della low cost irlandese in Italia non contrastano con le strategie dell’ex compagnia di bandiera, che da quando ha come socio di riferimento Etihad ha imboccato altre strade: non il trasporto di breve e medio raggio in Italia e in Europacome attività principale, ma la massima attenzione al lungo raggio, la qualità del servizio e la fidelizzazione della clientela. La struttura di costi di Alitalia non permetterebbe una concorrenza profittevole, visto che quelli di Ryanair (misurati sui posti disponibili) sono meno della metà. La guerra è stata persa in passato, negli anni di Alitalia-Cai (2009-2014) quando questa puntò sui collegamenti di breve e medio raggio: un errore storico. Il trasporto aereo è un business di offerta: vince e guadagna, cioè, chi ha più disponibilità di rotte, quindi di aerei, quindi di capitali capaci di sostenere il lancio dei nuovi collegamenti e di far fronte a possibili avversità.
Ryanair ha tutto questo, con una rete capillare in Europa capace di raccogliere fino all’ultimo rivolo del mercato. Certo, anche Ryanair deve fare i conti con delle sfide perché il suo modello di successo mostra una naturale fase di esaurimento. Per questo qualche linea strategica è cambiata: non solo aeroporti secondari, non solo low cost «dura», ma nuovi spiragli di flessibilità. In ogni caso la compagnia irlandese deve continuare a investire in aerei e assunzioni perché la crescita lo richiede. Gli aerei rispondono a logiche non solo di trasporto ma anche di profitto, come diremo, le assunzioni mantengono basso il costo del lavoro, mediando sulla seniority dei dipendenti.
I proclami di Michael O’Leary, tanto geniale quanto spaccone, vanno comunque decrittati. Quel miliardo di dollari sbandierato come nuovo investimento in Italia corrisponde al prezzo di listino, quindi non di mercato, dei dieci aerei che saranno basati nel nostro Paese nel 2017. Quei Boeing 737, Ryanair li paga verosimilmente la metà, per effetto della scontistica corrente tra costruttori e grandi clienti; quindi il miliardo è una millanteria e va dimezzato. E si tratta di aerei, che se ne possono andare in qualunque momento: non vanno paragonati agli investimenti manifatturieri, le cui fabbriche sono sostanzialmente immobili. Tornando agli aerei, la strategia sulla flotta è parte importante del modello di business e genera a sua volta importanti profitti. Semplificando al massimo, funziona così: l’aereo viene pagato a un prezzo favorevole, più basso della media di mercato, perché l’ordine è massiccio; la compagnia ammortizza la flotta in tempi rapidi, in maniera tale che, ad ammortamento compiuto, l’aereo conservi un valore di mercato superiore a quello di libro. Il risultato è un sostanzioso profitto sulla vendita, mentre in flotta cominceranno ad arrivare altri aerei nuovi acquistati con la stessa logica, che garantiscono a loro volta massima efficienza, minori costi di manutenzione e costante aggiornamento tecnologico.

fonte Il Giornale

 

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